Rivedersi in occhi altrui

Girottolando per la rete sono capitato in questo articolo a firma di Giada Zichittella sul suo blog “vita di coppia“, e mi è venuto in mente un parallelismo forte, quello con i “five stages of grief” della psicologa Elisabeth Kübler Ross, malamente tradotto con “le cinque fasi di elaborazione del lutto” dal solito “enciclopedico” wikipediano di turno.

Mi sono rivisto a quasi un anno fa, fresco “di lutto”, perennemente con gli occhi sbarrati in cerca di una spiegazione che non arrivava, e non arrivava perchè non c’era. E allora passavo dallo sgomento all’incredulità, al negare la possibilità di quanto fosse successo fino al pensare che fosse solo una fase passeggera e che tutto si sarebbe sistemato. Passavo dall’essere stupito a negare la possibilità di quanto mi era successo, perchè che diamine, sono un bravo ragazzo che vuol metter su famiglia, e ai bravi ragazzi queste cose non succedono!

Invece quando una donna si rompe i maroni di te non sta a guardare se sei un family man o l’ultimo dei tossicomani. La chiude, con una facilità che ha del disarmante (e innesca i famosi cinque stadi di elaborazione), e il compito di raccogliere i cocci spetta a chi resta indietro. Raccoglierli, e contarli già che ci siamo. Che non si sa mai che si portino via anche qualche pezzo di cuore.

Giada forse è qualche mese indietro rispetto a me, che ho fatto (e faccio?) il valzer tra i vari cinque stadi e ora provo a dirigermi verso la Montagna dell’Accettazione, consapevole che la scalata è tutt’altro che banale. Guardo Giada, che profuma di bella persona lontano un miglio, e il sorriso mi muore addosso.

Sarò una coppa vuota, lei l’ha letto, e nonostante la tempesta che le infuria intorno l’ha anche capito. E’ quello che potevo darti, e sono felice di esserci riuscito, anche se non riesco ancora a sorridere.

…e nevica…

…si, di Marzo. Nevica.

E nella neve mi riscopro a sorridere come un bambino ad ogni fiocco che cade dal cielo, a guardarli danzare nel riflesso di un lampione, e a riscoprirmi innamorato, ancora innamorato delle cose semplici.

A Dio piacendo, ci sono lati di me in cui conservo ancora una parvenza di verginità. Dopo tutte le botte prese, il dolore e le umiliazioni, esistono ancora parti di me che mi regalano un sorriso, esiste ancora la forza di sorridere alle cose semplici.

E viva la neve, allora. Viva la semplicità di un fiocco che cade dal cielo.

I Queen e la Via Passiva

…lasciando perdere le facili battute sull’indimenticato Freddie, godetevi questo:

“Limitati ad assaporare ogni boccone
e a far tesoro di ogni momento
Quando le tempeste infuriano attorno a te
resta fermo li’ dove sei”

La via passiva. La placida mansuetudine di chi può permettersi di essere mansueto, come l’Agnello. Mi piace, è sobria, dignitosa, ed espressiva.

Sarò una coppa vuota.

Down with the sunday…

L’incubo di ogni persona rimasta single da poco. La domenica pomeriggio. Quelle belle domeniche di sole, aria frizzante, tempo primaverile, vento che sferza le nuvole che corrono rapide per il cielo.

Quelle belle domeniche in cui le persone a cui vuoi bene – e che ti fanno l’enorme regalo di volertene a sua volta – hanno i loro impegni, girano con i/le loro partner, viaggiano, vedono luoghi, girano posti.

E tu, dopo che hai ingannato il tempo e te stesso andando a mangiare da un parente, torni a casa alle tre e mezza, col sole alto nel cielo, e realizzi.

 

Realizzi che sei solo. Come una bestia. E che non ci stai veramente a fare niente in questo mondo, perchè non sei in grado neanche di regalare una bella giornata a qualcuno.

Sennò non sei un uomo…

“No, sai, perchè l’uomo deve essere uomo, voglio dire, se un uomo quando usciamo non mi apre la portiera della macchina, che uomo è?”

(ci si può anche stare) “eh, capisco, sei rimasta agli uomini di altri tempi, ma hai le tue ragioni”

“E poi, sai, a me piacciono gli uomini che sono uomini, che ti fanno le coccole in continuazione, se vedo che al ristorante il tuo sguardo non è fisso su di me, che uomo sei?”

(ok, qui siamo ai livelli del condizionamento stile “Arancia Meccanica”, ma insomma…) “eh, capisco, sei una ragazza bisognosa di attenzione”

“E in effetti, sai, l’uomo deve essere uomo sempre. Voglio dire, io sono donna, devo far la donna, devo essere cercata, corteggiata, deve essere lui a prendere l’iniziativa. Poi se non mi va pazienza, ma ci deve provare sempre”

(ma cerchi un uomo, un Uomo, o un omino con gli ormoni…) “…capisco, come si usava una volta…”

“…insomma, sai, mi fa piacere se mi propone un luogo, ma poi la decisione ovviamente è mia, se voglio andare da un’altra parte deve capire!”

(…ok, lo vuoi pure zerbino) “…capisco, magari finchè non si è costruito una sintonia sui luoghi che piacciono alla coppia…”

“…e poi, diciamocelo, un uomo deve essere Uomo! Mi deve venire a prendere, mi deve riportare a casa, e soprattutto quando usciamo, sia una cena o una vacanza, deve pagare lui! Sennò che uomo è? non è un uomo, è un quaquaraqua!

“…”

[…]

“Senti, che fai un sabato sera di questi? magari usciamo…”

Quarantuno anni. Fuma come una ciminiera. Nuova da rinnovare, con cellophan incluso. Circa cinquanta chilometri da casa mia. La guardo. Mi guarda. Guardo la mia busta paga per buona misura. Anche la busta paga mi guarda.

“Tata, abbi pazienza, forse hai frainteso certi segnali. Non sei la prima, capita spesso, ma io sono omosessuale.”

 

Anche no ragazza, anche no.

Perchè comunicare è importante…

Se c’è una cosa che ti cambia quando torni single, è che passi dall’avere una vita di coppia, alla solitudine, a ricominciare a contornarti di persone.

Il problema passati i 30, è che queste persone hanno tutte più o meno la tua età, e una marea di impegni. Quindi alla fine finisci per collezionarne tante, perchè ti possono dare tutte prese singolarmente poche attenzioni, e se vuoi arrivare alla somma… beh, c’è da aggiungere addendi. Tralasciamo il fatto che alle volte sono tutti impegnati per un sabato sera mentre esistono sabato sera in cui hai 10 persone che vogliono uscire.

Occupando la tua mente con un numero sempre maggiore di persone… finisci le energie, e spesso ti sembra di trascurarle. Io sono un po’ romanticone, mi piace far sentire la mia presenza alle persone, ma vuoi la singletudine, vuoi la depressione, vuoi i mille impegni della vita, beh, non ce la faccio. Proprio fisicamente, oltre che mentalmente.

Capita quindi di trovare tempo ed energie per un pensiero, telefonare ad un’amica che non sentivi da un po’. Il bisogno di comunicare, perchè comunicare è importante, non esiste coppia esplosa che non sia scoppiata anche per un problema di comunicazione. Alziamo il telefono, và…

“Ciao, come stai? è un po’ che non ci sentiamo e…”

“E sfido io! Perchè tu sei stranito, e non ti fai sentire mai, e pippiririri e pippiriri…” (segue pistolotto più o meno delirante)

 

Poso il telefono. Ok. Ora basta comunicare. Torno a parlare da solo.

Cosa fai tra tre mesi?

Signori, questa è fresca, freschissima da singlelandia. Ho appena posato la cornetta.

Lei la conoscevo da un po’. Un paio di anni almeno, una conoscenza puramente virtuale, ma un ambiente virtuale in cui passi tanto tempo, dividi tante cose, e in cui soprattutto io ero il suo “capo”, se così si può dire. Una conoscenza lunga, un rapporto di stima quasi “professionale”, ma nulla più.

Il giorno in cui la mia vita “reale” va a rotoli, ovviamente smonto anche quella virtuale: mi dimetto dall’incarico che ricoprivo, perchè le energie erano andate a farsi benedire, avevo un sacco di cocci da raccattare e poco tempo per dedicarmi alla Rete e a tutti i suoi risvolti. E arriva lei.

Mi contatta su messenger, delicatissima, gentile. Mi chiede come sto, come va, e piano piano inizia a farsi sempre più carina, sempre più gentile. A me fa piacere, la solitudine morde e una persona cui cui confidarsi è sempre un dono dei cieli, e piano piano smonto il piccolo muro che avevo eretto a guardia delle mie ferite e le racconto le cose, le offro un piccolo spaccato della mia vita finita.

E lei sempre più carina, sempre più gentile… fino a che un giorno risponde ad una battuta in modo un po’… “romantico”? e da li’ giù complimenti, profusioni di gentilezze, il massimo a  cui – per la mia modesta esperienza – una donna che vuole mantenere un po’ di contegno si possa spingere. Di storie a quei tempi non ne avevo voglia (stiamo parlando dell’autunno 2009…), di corteggiarla nemmeno, ma due chiacchiere le facevo sempre volentieri.

Fino a che un giorno me la sento via messenger e…

“che fai tra tre mesi?”

(orpolà, ti rifai per tempo…) “tra tre mesi?!? se non mi sono ancora suicidato, penso niente… perchè?”

“no, perchè verrei dalle tue parti per altri motivi e… ecco, se vuoi ci si vede, ho da fare per alcune cose ma poi possiamo passare la serata insieme, se hai casa libera potresti anche ospitarmi, no? magari il giorno dopo andiamo in giro…”

Ora, dire che tre mesi fa ero disilluso credo che fosse un eufemismo. Però una proposta del genere proprio non me l’aspettavo. E va bene, vorrà dire che tra tre mesi ci vediamo: parte il countdown. Non ci spero, perchè non è nelle mie corde, però mi fa sorridere questa cosa. E come tutte le frequentazioni virtuali, il freno a mano è ben tirato, nonostante lei sia – cosa che male non fa – piuttosto carina e anche intelligente. E in questi tre mesi, lei si fa ancora più… come dire… “romantica”, ecco. Vi risparmio le conversazioni, fidatevi delle impressioni che vi rigiro.

Arrivano i tre mesi, arriva oggi, sarebbe domani, arriva la telefonata.

“Ehi singleatrentanni, allora domani non ci dai pacco, vero? ti vedo?”

(“ci?”) “Benedetta ragazza, è tre mesi che ti corteggio (non è vero, è tre mesi che mi rincorri TE, ma sono troppo cavaliere per ricordartelo) secondo te ti dò pacco? ma dai!”

“bene dai… allora sono contenta. Senti, non è un problema se c’è un’altra persona, vero?”

(“altra persona?”) “no, figurati, ma non me ne avevi mai parlato… di chi si tratta?”

(con la vocina piccola piccola) “veramente, del mio fidanzato…”

“Ah. Non me ne avevi mai parlato”

“Scusa, non è un problema, no?”

Certo che non è un problema. Già non sto bene da qualche giorno, la salute protesta, e io ovviamente mi faccio una bella serata fuori per vederti tubare col tuo lui. Non che mi interessasse particolarmente accoppiarmi con te, siamo di due mondi differenti, lontani 500km, e sarebbe iniziata e finita lì… ma farmi prendere per il culo, questo no. Non sarebbe stato un problema, se non non me l’avessi sventagliata davanti per sei mesi.

Cosa faccio tra tre mesi? tra tre mesi non lo so, ma tra due mesi e ventinove giorni ho un pacco da dare.

Single si, ma con una certa qual dignità.