la Trombata a Spregio

Me l’avevate chiesta. Ve l’avevo promessa. E soprattutto, sento la mancanza dell’Army of Insulting Spice Girls che appare ogni volta che faccio dei post anche solo vagamente non-femministi.

La Sacra Tecnica della Trombata a Spregio. Il modo migliore per prendersi una propria vendetta su una che ci ha fatto girare oltremodo i tenerini (e a breve, udite udite, seguirà post in musica con cui vi introdurrò ad un particolare fenotipo), farsi quattro sane risate oppure avere qualcosa di assolutamente divertente da raccontare agli amici. E perchè no, anche alle amiche, che male non fa per niente.

Cosa è la Trombata a Spregio? è più di una trombata a spregio. E’ quel processo di creazione di aspettativa, delusione di detta aspettativa, instabilità psicoemotiva e comportamento random che spesso il gentil sesso usa, più o meno inconsciamente, per trapanarci le gonadi o come “leva”. La Trombata a Spregio è la massima sintesi del principio dello Schwerpunktprinzip del buon Carl von Clausewitz e dell’infelice espressione degli aviatori americani, “prendere a bastonate i cuccioli di foca”, riferita all’atto di colpire con sovrabbondanza di mezzi e munizioni un bersaglio tenerello, dalla scarsa mobilità, e che si prende i tuoi colpi zitto zitto con gli occhioni che chiedono “perchè”.  Ci ritorneremo in seguito.

Corretta Esecuzione della Sacra Tecnica della Trombata a Spregio

Fase I – Preparazione del Campo – da un giorno a sette giorni “ante facto

La corretta esecuzione della Tecnica dipende ovviamente dal bersaglio prescelto. Possono volerci giorni o settimane di preparazioni e corteggiamento, o una sola serata “indovinata”. Lo studio della Prescelta ovviamente non può essere generalizzato, perchè nonostante alcuni fattori in comune le pulzelle hanno gusti e  attitudini diverse. Certo, esistono i vari metodi più o meno comprovati (gli sms carini, i messaggi su facebook, i regalini a sorpresa) ma di volta in volta i metodi sono diversi. L’obiettivo: avvicinarsi allo Schwerpunkt.

Fase II – Schwerpunkt – “Centro di Gravità Permanente”

Teoria e pratica della Schwerpunktprinzip: colpire al centro di gravità, al “punto focale”. Mi perdoneranno (anzi, mi sa di no) le pulzelle in ascolto, ma il punto focale di una donna è uno e uno soltanto: il sesso. E’ la leva con cui hanno gestito generazioni di maschietti, è uno degli strumenti più potenti a loro disposizione (del resto tira più di una coppia di buoi, come si suol dire), è l’origine della visione topacentrica  di gran parte di loro. Fateci caso: è difficile che riusciate a sentir dire ad una donna “siamo stati a letto insieme io e tizio”. No. Oscillerà su frasi varianti dal “gliel’ho data” ad un più paritario “ci sono andata a letto”, perchè il coltello l’ha lei e ne è ben cosciente. Iniziano a smarcarsi da questa visione verso i quaranta, quando iniziano a diventare mature.

Quindi pochi discorsi: un uomo ha mille punti focali. Il lavoro, la vita privata, il gruppo di amici, l’auto, la moto, la collezione di carte dei pokemon. Una donna no. Ne ha uno soltanto, quello, è suo ed è praticamente invulnerabile. Il fatto che il centro di gravità di una donna sia concentrato proprio lì ci fa capire come, detta tra noi, le donne siano molto più forti dei maschietti nelle avversità della vita. Perchè il resto è un satellite: il loro punto focale, nelle relazioni interpersonali, raramente viene sfiorato.

Ricevete punti bonus se riuscite a portarla a casa vostra. Diversamente anche casa sua va bene. Ricevete molti punti bonus se siete in macchina. La vostra, tassativamente.

Fase III – Prendere a bastonate il cucciolo di foca

Orbene, ci siamo. Siete pronti, caldi, già partiti. Il cucciolo di foca è bel bello e felice che gioca sul suo ghiacciaio e voi siete lì, col bastone in mano, pronti. Se qualcuno ha avuto infelici metafore falliche pensando al concetto di “bastone”, sappia che ha avuto ragione: il bastone in quel momento siete voi. Voi e la vostra prestanza sessuale. Voi e l’aspettativa emotiva che avete generato in fase I. Più siete stati bravi in fase I, più siete stati focosi in fase II, maggiori saranno le dimensioni del bastone nodoso che si andrà a calare sull’ignara foca.

Fate i bravi. Impegnatevi. Siate amanti focosi, e non distratti. Presenti, attenti, un sacco di preliminari, un sacco di coccole, parole focose (o tenere, dipende dalla foca) sussurrate all’orecchio, un ritmo serrtato e l’attenzione rivolta esclusivamente a lei. Voi in quel momento non esistete: in realtà siete dietro la macchina da presa, a sogghignare.

Pronti? Il momento è incendiario, lei ansima come la platea del raduno internazionale degli asmatici contorcendosi come un’anguilla martoriata dalle testate del vostro piccolo grande Maglio dell’Amore?

Bene, USCITE. Immediatamente. Uscite di lì, uscite da lei. Fate in modo che tutto il vostro corpo, erezione compresa, sia in bella vista. E’ importantissimo che l’erezione sia ben evidente, sennò lei attribuirà il vostro comportamento ad una defaillance; invece lo sbattitappeto deve essere in gran spolvero (ragazzi, mi vengono di quelle similitudini oggi… battitappeto, gran spolvero…).

Assumete un’aria annoiata e con voce monocorde, guardandola come se fosse una macchia sul lenzuolo, ditele: “Senti, io mi sono annoiato da morire. Ti spiacerebbe rivestirti? mi sono proprio rotto i coglioni, abbi pazienza”.

STONK! Sentito il rumore del bastone? ora guardatela negli occhi. Sono gli occhi della foca. Si sta chiedendo perchè. E la risposta ovviamente non ce l’ha, se non altro perchè non c’è.

Punti bonus:

  • siete a casa sua, vi rivestite senza dire una ulteriore parola e ve ne andate: 0
  • siete a casa vostra: le chiedete gentilmente di rivestirsi e la guardate andar via, magari giocando a pacman nel mentre raccoglie le sue cose: 500
  • siete in auto (la vostra): la fate scendere dalla macchina nel posto esatto in cui vi trovate: 5000

 

Ricordate: questo non è un gioco. Facendo così ad una donna, le fate male. Le fate profondamente male. Le avete ribaltato un sistema di certezze che le ha dato sicurezza per svariati lustri almeno. L’avete destabilizzata nell’intimo. Le avete dimostrato, azioni alla mano, che fa cagare a letto (e non troverete una donna, UNA, che dica “a me il sesso non piace perchè non son buona”. E’ sempre colpa dei maschietti, se non apprezzano). L’avete, letteralmente, distrutta. Si ricorderà di questa serata per sempre.

Nemmeno io, che mi sono sempre reputato persona cinica e cattiva, sono mai arrivato a tanto.

 

Povera, piccola foca.

Rinunce per amore

Scherzavo parlandovi di moto, topa e moglie ma… il tema meritava un epilogo, ed eccomi qui ad argomentare.

Diciamo una cosa: l’ho fatto anche io. Ai neanche-troppo-lontani tempi di Gamma, vendetti la mia amata moto (Eleanor, Eleanor, chissà dove sei adesso…) per uno scooter. Motivo? dinamiche di coppia: il suo lavoro che la prendeva, lei che non mi ci veniva più, l’utilizzo scarso che ne facevo e la “razionalità” di sostituirlo con un mezzo più adatto ad un casa-lavoro, la promessa “dai, ce la ricompriamo appena mi specializzo e ho uno stipendio”.

Mi sono sentito ganzo, a farlo, vi dirò. Mi sono sentito di “ragionar per due”, mi sono sentito… Lys direbbe che “sono stato maturo”.

Sbagliato. A distanza di anni, prima quando ero con lei e poi quando con lei non ero più, ve lo posso dire con sicurezza: non sono stato maturo. Sono stato tanto, tanto stronzo.

Stronzo perchè ho rinunciato a qualcosa di mio, mi sono impoverito, per niente. Stronzo perchè non ho ragionato per due: ho seguito un capriccio. Stronzo perchè la mia rinuncia non ha portato a niente di buono per me, per lei, per noi.

Non stronzo perchè poi è finita: stronzo perchè ho imparato, sulla mia pelle, che è concettualmente sbagliato rinunciare a qualcosa che hai caro solo perchè non hai accanto la persona con cui condividerlo.

Se non faccio male a nessuno, se non sottraggo tempo e risorse a me o alla mia compagna o ai miei cuccioli, rinunciare a un mio vizio o a una mia passione non fa altro che impoverire. E gli uomini impoveriti, checchè se ne dica, restano single. Non nascondiamoci dietro a un dito.

 

Ci sono giardini sacri dentro di noi. Sacri sono, e sacri devono rimanere. Non ci deve entrare nessuno, perchè è da lì che ci rigeneriamo continuamente, ed è li’ che ci rifugiamo.. E non dobbiamo trascurarli mai, perchè come il nostro corpo, se smette di rigenerarsi è solo perchè sta morendo.

Dei delitti e delle cene

Ritorno dalle ferie raccontandovi una piccola perlina di… qualche tempo fa. Non tanto, ma un po’.

 

Invito una donna a cena. Parlottandoci, conoscendola un po’, viene fuori che questa ragazza ha gusti alimentari quantomeno fenomenali: per dire, le piace la carne cruda o poco cotta. Non so le vostre esperienze in merito, ma in genere l’80% del genere femminile si guadagna il mio odio istantaneamente ordinando al ristorante una bistecca ben cotta. Parlottandoci un po’ imparo ancora sui suoi gusti, sul suo amore sconfinato per il cocco e la preferenza per i vini bianchi e aromatici (ma anche li’, trovatemi una donna che apprezza un gran rosso).

Orbene, viene a cena. Di venerdì sera. A casa mia. Problema: sono di presidio al lavoro fino alle sei, poi la palestra. Il che vuol dire alzarsi alle sei e mezza per cucinare. Avete capito bene: sei e mezza del mattino. Preparo il menu, che consta di due diversi tipi di carpacci (uno coi funghi e uno con la cipolla di tropea), la tartare con i funghetti freschi e i pomodorini (ma passati, che a lei i filetti di pomodoro non piacciono), il tutto senz’aglio perchè è allergica e con poca senape perchè è un sapore troppo forte. Più qualche piccolezza a guarnire, tipo crostini con il patè di fegato alla toscana e qualche rifinitura.  Si, a me le donne piace coccolarle. Non sono nè bello nè intelligente, ma in cucina non me la cavo male.

Arriva, si siede, apro il vino (un GRAN vino che tenevo in serbo da un po’… Solatio delle cantine Gualandi, non precisamente un vinaccio), mangia il carpaccio con i funghi (“uuuh buono”) mangia il carpaccio con le cipolle (“buone queste cipolle”, ci credo, erano macerate in aceto balsamico invecchiato mille anni) riesco a farle mandar giù la tartare (“non la conoscevo! Buona!”), mi divora il vino e…

“Certo che se il cibo potesse darmi un orgasmo, ne starei avendo uno in questo istante!”.

E dopo tutto, la preparazione, le sei e mezza del mattino, il vino… mi dice questa frase mentre si sta mangiando un fottutissimo gelato Bounty confezionato.

 

Ora, ditemi voi: ma io che ho fatto di male al Cosmo?

La legge di Murphy applicata ai Single (e le vacanze!)

Legge di Murphy associata alla singletudine: quando quattro giovani e carine volontarie del servizio civile ti si fiondano in stanza perchè hanno bisogno di te, è il giorno in cui:

  • Non ti sei fatto la barba perchè “tanto esco stasera e me la faccio prima di uscire sennò esco con le guance blu come al solito”;
  • Hai la camicia della Decathlon da due lire, una o due taglie sopra, che già svariati esponenti del sesso femminile ti han suggerito di buttare a mare perchè ti fa più brutto di quanto già sei (e credetemi, ci vuole dell’alta sartoria per peggiorarmi ulteriormente);
  • Hai i pantaloni neri modello “via, oggi li finisco di sporcare”.

 

Non c’è niente da fare. E’ destino, è destino.

 

A (s) proposito: il qui presente singleatrentanni si prende una settimanetta di vacanza in cui proverà, nel possibile, a stare lontano da un PC. Voi fate i bravi, mi raccomando; se rallenta l’approvazione dei commenti sappiate che non è colpa mia. E buon ferragosto!

Proud to be single!

Ve la ricordate – lo so, è passato un bel po’ di tempo – quella della stanza delle punizioni?

Ecco, di quella ragazza non se ne è fatto più niente. Vuoi perchè avevo altro per la testa, vuoi perchè oggettivamente mi sparì letteralmente di davanti. Seppi poco tempo dopo – grazie Facebook! – che aveva trovato uno. Ossia, fa la gatta con me e nel frattempo con un altro… una metodologia che si chiama “pesca a strascico”, e va bene giustappunto per togliersi la fame, non certo per cercare il piatto della propria vita. Bon, crocione fatto, buttata a mare (oggi mi vengono le similitudini a tema, abbiate pazienza: voglio le ferie) e via.

Per un bel po’ mi ammorbano il già bistrattato facebook con continui post di link mielosi, “amore” di qui, “amore” di là, lui che pigola come un pulcino, lei che miagola come un gattino, la glicemia che mi sale a 750 e l’istinto da vecchio volpone che mi rimbomba nella testa a dire “uh, qui qualcosa ci cova“.

 

Profeta non sarò dopo tre mesi di silenzio arriva un suo SMS: “ciao, come va? mi ha lasciata ieri, sto malissimo, distrutta, piango”. Uuuuuuuuh. Piccina, mi dispiace, soffre. Messaggio conciliante, classica sequela di luoghi comuni del tipo “mi dispiace, passerà presto, del resto se ti dura quanto un gattino sull’Aurelia vedrai che non era quello giusto” perchè due righe pietose non si negano a nessuno. Specie alle persone che soffrono.

La risposta è da manuale: “eh si, ha conosciuto un’altra mentre era a fare un prelievo in ospedale. Ora possiamo fare quell’uscita da tanto tempo rimandata, vero?”

 

Eh no, ragazza. Eh no. Tieni il piede in due scarpe, e va bene. ‘zzi tuoi. Sei una bambina che basta chiamarti “amore” per farti miagolare, ‘zzi tuoi. Ma io il ripiego non lo faccio. E ti dirò di più: non vale neanche la pena uscire con te, chiamarti “amore” e darti un colpetto, perchè molto probabilmente mi annoierei. Anche e soprattutto durante il colpetto.

 

Morale? mandato messaggio di quello feroce (“grazie dell’invito, ma non sono il ripiego di nessuno. Buona caccia, i ragazzi seri sono altri”) e mandata velocemente a spigare.

Single si, ma la supplicatio topae, quella proprio no. Piuttosto mi guardo un film.

Chiudo in bellezza lanciando un nuovo slogan:

Una Pazza è per Sempre

che ci sta tanto, ma tanto bene. Ritornano, le pazze ritornano, un po’ come i rapini all’aglio. Aiuto.

Spocks’s Beard – “The distance to the sun” e il tendere perpetuo

Andiamo con una nuova escursione musicale nel territorio del metal prog. Il metal “da musicisti per musicisti”, come lo definisco spesso, perchè la sua leziosità e la sua ricercatezza estrema – che cade spesso nel barocchismo – lo rende un genere che solo chi si avvicina ad uno strumento riesce ad apprezzare.

Gli spock’s beard sono un gruppo prog metal statunitense, nato nella prima metà degli anni ’90, caratterizzato da quella visione tipicamente “yankee” del metal prog, fatta di linee relativamente semplici per il genere e un uso marcato delle voci e dei cori, nei quali sono maestri.

Bando alle ciance e passiamo alla musica:

…e la prima, minimorale del pezzo: Quanti di voi avendo ascoltato i primi quindici secondi hanno detto “ehi, ma qui è roba latineggiante alla gipsy king!“. Ecco, riflettete, riflettete, che se liquidate un pezzo da cinque minuti in quindici secondi… avete il grilletto del giudizio troppo facile. Pensate al tempo che impiegate per catalogare una persona, e chiedetevi se non è troppo poco.

“The Distance to the sun” tratta un tema molto semplice: l’insoddisfazione perenne, il tendere perpetuo a un qualcosa di lontano, e applica il tema all’insoddisfazione e alla distanza che crea nei rapporti interpersonali.

Non c’è pace / qui nella mia testa / non c’è modo di vedere / che siamo nati ciechi / verso un luogo e un tempo / in cui potremo sentirci / intimamente uniti / non possiamo sempre vederlo /con i nostri occhi” tocca alla prima strofa evidenziare il tranello nel quale spesso cadiamo. Cadiamo, si, e ci siamo caduti tutti quanti: il pensare che esista sempre uno stato nirvanico di compenetrazione con le persone, solo che non siamo in grado di vederlo o di sentirlo perchè siamo ciechi. E’ un tranello che seduce con la sua umiltà, perchè la “colpa” di non aver trovato questo bengodi affettivo viene data a noi e noi soltanto, ma sempre di tranello si tratta.

Non è un caso che sia il primo refrain a dirci “ma c’è un mondo distante da quello che conosciamo, c’è un mondo che i nostri occhi non mostreranno mai, in cui possiamo essere come una cosa sola“. Siamo caduti nel tranello a piedi uniti, poco da fare… e quasi stona l’aggiungere “e nonostante tutto, più lontani della distanza fino al sole“. Perchè non siamo in grado di accorcene, siamo già persi, senza saperlo.

Forse con troppo amore per la sintesi arriva l’amara conclusione: “ma non serve a niente / non vincerai mai / ti ricacceranno fuori a pedate“, come se ci fosse qualcuno, un “cattivo a priori”, che ci caccia fuori dal nirvana ogni volta che ci arriviamo. L’ultimo stadio delle scuse, pensare che ci sia sempre un grande fratello responsabile dei nostri insuccessi. Non è vero, perchè “non sarai mai soddisfatto / ciò che vuoi è solo il cambiamento / stai giocando una partita che non puoi vincere“.

Eccoci. Caduti, e sporchi, e di fronte ad uno specchio implacabile che ci dice che abbiamo sbagliato. E continuiamo ancora a crederci, perchè “una metà di noi grida al cielo / e una volta che ci è arrivata si chiede come mai ci abbiamo messo tanto / e una volta che siamo arrivati, sapremo cosa siamo diventati“.

 

Non c’è salvezza, nonostante i bei toni positivi del brano. La ricerca di un rapporto “perfetto”, di compenetrazione assoluta, ci lascia lontani da noi stessi, insoddisfatti, estraniati. Ed in perenne ricerca di un qualcosa che non c’è, perdiamo di vista la realtà – incluse le persone che ci girano intorno.