Guerra Preventiva (altro che George Bush!)

Scenario: chiacchierata in chat, io e la pazza del giorno. Millesimo 1979, per la cronaca, quindi si spera in una ragazza giovane, tutto sommato aperta.

“Ma tu credi nel matrimonio?”

“Mah, guarda, da separato non mi sembra che il matrimonio sia così importante, l’amore tra due persone è al di là di una firma o di un rituale”

“ecco, lo sapevo io, voi trentenni tutti uguali, bamboccioni che non vogliono crescere, non vogliono assumersi un impegno, una responsabilità… perennemente attaccati alle gonne di mamma, ecco, e non vi volete sposare perchè avete paura di un impegno, di impegnarvi seriamente con una donna e… [NdSa30a: segue un pistolotto lungo, ma LUNGO, sui luoghi comuni dei trentenni]

“ehm… ma hai letto di quel che ti ho scritto? cosa ti ho detto che sono io? se…? se…?”

“se… se… se che?”

“se-pa-ra-to! quindi di cosa stiamo parlando sulle responsabilità, il timore degli impegni o cosa altro?”

“ah, si, ehehehe [‘zzo ridi, NdSa30a, io se mi facessero notare l’incapacità mentale di leggere un capoverso contenente un pensiero diverso dal mio preconcetto mi correrei a suicidare)], ma comunque vale il fatto che sono tutti bamboccioni che vivono in casa e…”

“abito da solo. In una casa MIA, comprata col MIO lavoro.”

“…e poi sono perennemente attaccati alla mamma che…”

“SONO ORFANO. Di cosa stiamo parlando?”

“ehm… di nulla, ecco, nulla. Via, ora ti saluto che mi è venuta la depressione. Ciao!”

Non l’ho rivista. Mai più. Dico io, ma la gente cerca un bersaglio per i propri sfoghi di trentunenne sola, repressa e arrabbiata col mondo o cerca di conoscere le persone per quello che sono?

Moonspell – “Handmade God” e le idealizzazioni

Ritorniamo su suoni e parole, con un post scritto d’urgenza, come tutte le cose che sgorgano veramente naturaliter e non possono aspettare.

Per chi non li conosce, i moonspell sono un gruppo heavy metal portoghese. Come tanti gruppi heavy metal in carriera hanno fatto buoni dischi metal, mediocri dischi metal, e il disco da cui traggo questo pezzo, “Sin/pecado”, che col metal ha poco o nulla a che fare, e che difatti è un capolavoro. Nel corso del disco il poeta-cantante Fernando Ribeiro analizza molti peccati, da punti di vista sempre distanti e originali, in modo mai scontato o banale. Un capolavoro di fusione di musica e testi, con un landscape sonoro che oscilla dal rock alla psichedelia, dal dark wave all’etnico arabo-lusitano.

Perchè un post d’urgenza, e perchè proprio ora? perchè meditando sulle parole di Giada e xlthlx che parlavano di “idealizzazione”, il testo di handmade god (che è sempre stato un testo bello, mi è piaciuto, ma mi vibrava in sottofondo, senza un perchè chiaro e delineato) mi è tornato alla mente. E dopo aver letto quelle parole, e aver vissuto quella circostanza, il testo si è schiuso nella sua completezza. Ho quel disco dal 1998, e ho capito quel testo nel 2010 grazie a una donna che non ho mai neanche visto negli occhi, dopo dodici anni. E guai al primo che si azzarda a pensare che sono un ragazzo intelligente.

HandMade god è un dialogo tra le due parti della stessa persona, che si ritrova a rendersi conto di averne idealizzata una terza (“la vipera che mi è cresciuta nella testa”) per aver creduto nel sogno di un Dio personale, un Dio fatto a mano, un Dio tutto per sè.  Un’analisi in cui la metà emotiva chiede, IMPLORA perdono a quella razionale, tornando nel suo grembo gelido alla fine dei giochi e dei tempi, a disastro concluso, con l’innocenza e lo stupore infantile che caratterizza  ogni amore degno del nome.

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Benedetta Nokia…

…e i supplizi tecnologici: perchè per me che non cancello niente (sms, mail, lettere… conservo tutto, che ci volete fare, sono un sentimentalone) essere costretto a cancellare quasi 3000 sms, a manina, è una tortura cinese.

Ci ho trovato di tutto, sms di quasi due anni fa, cose belle, cose tenere. Insomma, una tortura.

 

Consiglio da single: cancellateli gli sms. Non si sa mai, poi potreste trovarvi a doverli cancellare in un momento… inadatto.

…bestia per natura o per selezione?

Avrei prefigurato una settimana di interventi sul blog “leggeri”, per far da contraltare a quella che nella vita fuori dalla Rete è una settimana pesante. Però c’è un episodio su cui rimugino da ieri, e passato lo shock emotivo, merita una riflessione più distaccata. Oggi finalmente ci riesco, e la lascio qui per voi.

Notaio. Definitivo passaggio di consegne della casa alla gentile (“Gamma”, nella nomenclatura di questo blog), che fa il suo bravo atto, porge il danaro, il notaio mi saluta, io saluto lui, lei e lei… no.

Silenzio. Un assordante silenzio, senza neanche alzare gli occhi in risposta.

 

Li’ per li’ è montata la rabbia. Una rabbia profonda, perchè se ho diviso otto anni della mia vita con te, almeno un saluto nel momento più doloroso per me potresti gentilmente darmelo, evitandomi l’umiliazione di salutarti a vuoto di fronte al notaio. E se non altro, dopo otto anni – i migliori della mia vita? – un saluto lo merito, sennò sei davvero una bestia. Anche perchè non è che mi hai cacciato di casa perchè ti ho sfondato di corna e trucidato la famiglia: me ne vado perchè ti sei rotta, punto.

 

Ma l’interrogativo che mi è nato è diverso. Sulla bestialità della persona credo ci sia poco da disquisire. Il problema però è… sono stato io, incapace a rendermi conto di certi segnali “prima” di compromettermi con una vita a due, o è  la vita a due che logora le persone e le desensibilizza? intendiamoci, lei un campione di empatia non lo è mai stata, ma secondo voi… cosa può essere che rende le persone capaci di gesti del genere?

Quanto e come una vicinanza profonda poi genera una lontananza abissale, a giochi chiusi? io sto restando sempre più meravigliato di come tanto si è vicini prima quanto lontani poi. Non chiedo niente, per carità, conscio che avere una persona che opera un taglio netto facilita la guarigione. Però il rispetto e quel minimo di delicatezza, ecco, mi pareva compreso nella paga sindacale.

Sbaglio?

La Stanzina dell’Amore (forse!)

…iniziamo questa settimana con un pensiero leggero. Per me sarà una settimana piuttosto dura, visto che mi tocca trafficare tra notai, atti, e altre amenità che mettono sempre un poco di ansia addosso.

Scenario: chiacchierata su facebook, ragazza conosciuta via chat, stiamo parlando della mia casa:

“E poi c’è lo studiolo, è piccolo, non arriva a nove metri quadri, per cui penso che ci farò un misto tra ripostiglio, scrivanie e stanza armadi… insomma, una specie di refugium peccatorum, ecco…”

“Ah, la stanza delle punizioni!”

(stanza delle punizioni?!?) “ehm… in effetti è una buona idea, quasi quasi metto due ganci da soffitto, una croce di sant’Andrea alla parete e chissà che non mi vengano altre idee…”

“…”

“…ti ho scandalizzata?”

“no, pensavo… ma sabato che fai?”

 

Che le rispondo? che ho la frusta a fare il tagliando?

Se le cose le cerchi, non capitano!

Spendo due parole sulla frase classica che ti viene sempre rivolta quando ti senti solo:

“Ma che vuoi che sia, non ti preoccupare, tu ora non ci pensare e goditi la vita, che l’amore arriva quando smetti di cercarlo”.

Ora tiriamo fuori un filo di razionalità e analizziamo questo mantra nei dettagli:

“Ma che vuoi che sia, non ti preoccupare”. Già l’incipit è da prendere il malcapitato – che magari poverino voleva aiutarti, sinceramente, solo che non va oltre il luogo comune – che te l’ha detto e picchiarlo forte forte sulle nocche. Sono qui che mi smonto a pezzi e mi rimonto ogni giorno per vedere se mi trovo una forma e una dimensione, e un “che vuoi che sia” è quasi un insulto alle mie traversie.

“Tu ora non ci pensare”. Se ne fossi capace, non starei male, non ti pare? e se ne fossi capace sarei come minimo un superficiale, financo un avventato o un autolesionista perchè quando capitano certe esperienze vanno metabolizzate e digerite.  “Non ci pensare” è una frase per superficiali, per quelli che si pongono al di sopra di ogni possibile margine di errore e si autocondannano a ripetere in futuro gli errori del passato… chè la storia è maestra, ma se ti firmi una giustificazione fasulla per non venire a scuola, sarà dura che ti insegni qualcosa.

“Goditi la vita”. Nei limiti del possibile ci si prova, ci si riappropria degli spazi, degli interessi (nel mio caso anche del mio corpo, ma la questione è lunga e la tratterò più in avanti), ma è un godersi la vita diverso. E le domeniche passate in solitaria a guardare il cielo terso del pomeriggio sono lì per ricordartelo.

“L’amore arriva quando smetti di cercarlo”. Ecco, lì c’è da ruggire. Lo posso dire con un forbito eloquio francofono? caz-za-te. Per me è come dire “ma si, la vincita al supernalotto quando smetti di giocare arriva”, il che cozza profondamente con la mia formazione matematica e contro ogni logica e buon senso. L’amore arriva quando arriva, fin lì ci possiamo stare, ma tenere gli occhi aperte, le orecchie dritte e i sensi vispi di certo aiuta. C’è una sottile differenza tra guardare il mondo intorno a sè e partire in pieno regime di pesca a strascico, cosa che del resto non sono neanche capace di fare.

 

Ecco, chiusa la trattazione, torna tutto, c’è una logica, c’è una certa coerenza di pensiero. Suppongo che possiate essere tutti d’accordo. Tutto quadra, nevvero?

Allora qualcuno mi spieghi, cortesemente, il motivo per cui appena faccio la promozione col mio gestore telefonico per rispondere ai tanti sms che ricevevo a basso costo… la gente non mi scrive più. Ma proprio più, eh? Basta predisporsi alla comunicazione, ed ecco che sparisce… ossia, se le cose le cerchi, non capitano più.

Il destino alle volte ha un forte senso dell’ironia nel dirti “guarda, qui comando io”.

Il Teorema della Zuppa col Fuso di Tacchino

Teorema: sia data una zuppa di cavolo con dentro un fuso di tacchino, cotta il giorno prima, messa in frigo, e riscaldata (alimentazione tipica dei single: cottura facile, non fa ingrassare, ti impiega poco tempo).

Si dimostra sperimentalmente che:

  1. se scaldi la zuppa in modo che il cavolo sia alla temperatura giusta, il tacchino sarà freddo;
  2. se scaldi la zuppa in modo che il tacchino sia gradevolmente caldo, il cavolo sarà rovente ed immangiabile.

C’è una profonda verità dietro al teorema della zuppa di cavolo col fuso di tacchino. Le applicazioni sul mondo della singletudine sono lasciate per esercizio allo studente.