Anathema – “Everything” e il rimettersi in gioco

Non vi tedierò di nuovo con la carriera artistica dei mai troppo osannati Anathema, se non altro perchè l’ho già fatto. Vi annunzio soltanto che è uscito un nuovo disco, il cui titolo “siamo qui perchè siamo qui” già ve la dice lunga sul taglio del disco.

Everything. E la paura di rimettersi in gioco di nuovo, di amare, e di impegnarsi che attanaglia tutti i single della mia età. Non ve lo sto a commentare o a chiosare. Si commenta da solo, ed è pulito, semplice, diretto e schietto. Caso raro, nei testi di questi poeti.

Ho avuto bisogno di tempo per far ordine nella mia mente
e respirare l’aria libera e trovarvi un po’ di pace
Mi ero abituato a tenere il mio cuore in prigione
Ma la scelta era tra l’amore e la paura del dolore e…

Io
Ho scelto
L’Amore
Perchè tutto è energia, e l’energia siamo tu ed io

Risplende la luce da una finestra aperta
Risplende dentro il tuo cuore e la tua anima e
sarà la Luce a guidare il tuo cammino attraverso il tempo
e l’amore ti aiuterà a curare la tua mente e…

Sarà
La
Vita

Perchè tutto è energia, e l’energia siamo tu ed io.

e con queste splendide parole vi auguro buon weekend. Io me ne sbatticchio di Helloween e provo ad onorare i morti, i miei morti, vivendo anche per loro e rivolgendo loro un delicato pensiero. Buon fine settimana a tutti.

sa30a

Il Kamasutra per tutti

Ho due amici carissimi, una coppia che ormai dura da qualche annetto e che sono sempre stati presenti e delicati durante separazione e successiva singletudine.

Ora che la casa è completa, è stata una gioia poterli finalmente invitare (oddio, manca qualche mobile… ma per loro non mi faccio certo problemi) e sono finalmente venuti. Una cena cucinata, una bottiglia di vino “speciale” tenuta in serbo per questa occasione, e via andare.

Finita la cena, guardate due foto dei tempi in cui suonavamo tutti assieme, e l’attenzione viene attratta dalla mia libreria (ci credo: occupa il 20% della metratura della casa). La lei della coppia fruga, guarda… e all’improvviso “apostrofa” il suo lui:

“Vedi chi è un professionista? tu non ce le hai queste cose in libreria!”

Alzo lo sguardo e vedo la giovincella brandire con fare bellicoso la mia copia del kamasutra. Inizio a ghignare, e ghigna anche lui. Col fatto che c’è molta confidenza, la guarda con fare tranquillo e le dice “va bene, dai, aprilo a una pagina a caso e quello che c’è scritto lo facciamo”.
“Io mi siedo e vi guardo, se non vi disturbo”, intervengo.

Lei prende, apre una pagina a caso, e inizia a leggere…

“La donna deve essere servile nei confronti dell’uomo…”
[io e lui ci scambiamo uno sguardo d’intesa]
“…adorarlo e riverirlo in ogni momento della loro vita…”
[iniziamo a sorridere]
“…assecondare ogni sua inclinazione anche quando queste vanno contro la sua volontà e…”
[la risata supera il volume consentito]
“…obbedire ad ogni suo com…BASTA! Non mi piace questo kamasutra!!”

A lui, invece, piaceva tanto. Ne abbiamo riso per un bel po’.

La morale? le morali?

Mai credere a cosa vi raccontano di un libro senza averlo letto. Kamasutra come compendio di pornoposizioni? macchè. Il kamasutra tratta l’abbinamento tra uomo e donna, a trecentosessanta gradi, e lo tratta con una logica di un altro tempo e di un’altra civiltà. Solo che questo non lo sa nessuno, a meno che qualcuno non abbia letto il kamasutra davvero, invece di guardar le figure.

Mai chiedere. Se non altro perchè potrebbero accontentarti E soprattutto…

…lasciate stare il kamasutra agli altri!

Depressione Strisciante

…è cominciato con una tendinite, o meglio, una epicondilite (e ci sarebbe da ironizzare un’altra volta sulla casta medica, ma tacciamo). Stop di allenamenti di due mesi.

Poi è continuata con la chisura estiva della palestra, poi è continuata con problemi potenti sul lavoro, di recente una bizza di salute mi ha tenuto febbricolante per sette giorni e con un palo piantato in gola per i successivi sette.

La morale? il peso è aumentato di sei chili pieni da Aprile a questa parte, mi sento gonfio, e già la gente comincia a dirmi “sei ingrassato”. I pantaloni tiricchiano, le maglie stanno peggio.

E non vi rendete conto della depressione strisciante, senza riuscire a capirne il motivo. La stanchezza, un periodo difficile, mille prove, bizze sul lavoro, quello che volete… ma se c’è un pregio che mi sono sempre attribuito è l’introspettività, e non riuscire a capire cosa mi serpeggia dentro mi mette addosso un ulteriore mal di vivere.

Alle volte non ci si rende conto di come sei chili, sei fottuti chili su 42 persi, riescano completamente a ributtarti giù, con tutti gli spettri di una obesità mai sconfitta che tornano, con la perdita di sicurezza, smalto, brillantezza… la gente vicina che mi dice “ti vedo meno solare” (e io solare in vita mia non lo son mai stato). Il collega mulino bianco che mi dice “sul lavoro ti vedo distratto”. Perfino i miei allievi che dicono “ehi, oggi fai meno battute del solito”.

Ho molta paura, credetemi. Una paura tremenda di non sentirmi tranquillo mai. E credo che post semideliranti come questo, buttato giù senza rileggerlo, parlino molto meglio di quanto non sia capace di fare io.

Vecchie Abitudini Alimentari

Alle volte sono fenomenali i processi psicologici della mente umana. L’altro giorno vado a fare la spesa, torno a casa, la poso e realizzo cosa ho comprato.

Sovracosce di pollo. Fusi di pollo. Zucchine. Cavolo. Cavolfiore. Bollito. Cipolle.

Tutte cose che mi piacciono, tutte cose sane e “non ingrassanti”. Tutte cose che ci mettono mezz’ora a cuocere, come se nella mia testa ci fosse ancora qualcuno in casa mia che rientra dal lavoro prima di me e mi accoglie dicendo “corri, lavati le mani che è pronto” e che può lasciare tranquillamente le sovracosce mezz’ora in forno, cosa che per me è impossibile.

 

Alle volte la mente umana fa dei percorsi strani.

Aristos

Tanto lo so, che voi venite qui per le pazze. Non per i miei commenti da single perenne in depressione perdì (ho fatto la battuta: pregasi sghignazzare, grazie) , per cui tiro fuori una pazza dal cilindro per festeggiare questa domenica uggiosa tendente all’uggiosetto.

La conobbi online. Fiera latrice di messaggi tendenti all’autocelebrativo, quasi all’autoesaltazione (“ho i miei valori e potrei morire per loro”), nonostante provassi fin da subito a farle graziosamente notare che morendo per i propri valori non li aiutava per niente, anzi, casomai aiutava quelli altrui, finimmo a discutere dei valori stessi. Morale, era politicamente attiva. Ma che dico attiva, fanatica. Io di norma parlo di politica malvolentieri, ma quella mi sembrava proprio un esemplare di quelli che il mai troppo lodato idiotaignorante chiama aristoi, il cui singolare, se il mio greco non m’inganna (e probabilmente m’inganna) è aristos.

Ci ritroviamo ad uscire una sera. “Serata poco impegnativa”, chiede lei. Bene, “Birreria artigianale equosolidale già cenati, allora. Tal posto tal ora, ok?” rispondo io. L’avessi mai detto. “Non sono mica una sbarbina! Se mi vuoi portar fuori mi devi portare in un posto decente” risponde lei tutta piccata. Già lì inizia, oltre alla considerevole palla di cercare un ristorante (perchè le pizzerie no, non vanno bene per l’elìte intellettuale del paese), un altrettanto considerevole giramento di palline.

La vedo. Un discreto esemplare di pozzi-ginori, “diversamente alta”, “diversamente magra” e già che ci siamo “diversamente femminile”. Passiamo tutto il percorso dal ritrovo al ristorante con lei che mi chiede come mai tutti gli uomini che conosce le chiedano di scopare subito. Io penso a quei poveri cani lupo che devono riportare a casa i padroni dopo il rimbalzone umiliante che lei mi racconta sempre di elargire. Ma fermamente devoto al mio credo di “non ti fermare all’aspetto esteriore delle cose”, mi dirigo a passo allegro verso il ristorante. Del resto, anche io sono causa di movimenti emetici ai suini ogni volta che mi vedono; ho poco da cercarmi la Rodriguez, io.

La cena è da delirio. Delirio completo. Rifiutandomi completamente di parlar di politica (cosa di cui non ho neanche avuto l’occasione: parlava soltanto lei), mi sono beccato tutta una serie di proclami deliranti di come una come lei (“c’ho una laurea e un master, sai?”) fosse la crema della crema e che solo quelle come lei e i suoi amici parimenti acculturati fossero adatti alla guida del paese: “Li supero per cultura, valori morali ed educazione”. Neanche chiederle che lavoro facesse, e sentirsi dire “segretaria, a progetto, part time” è servito a sgonfiarla un pochettino. Neanche provare a farle capire, graziosamente, che non è con la coercizione e con l’altezzosità che si guida, ma con l’umiltà e l’esempio, dal basso, è servito a qualcosa.

Vabbè, “l’è meglio piglialla a ridè”, diceva un mio caro amico. Quindi ci alziamo, paghiAMO il conto (cosa che io al primo appuntamento non faccio mai, ma sei l’elite culturale e decisionale del paese? paga il conto, ragazza) e mi preparo a due chiacchiere e quattro risate.

Usciamo dal ristorante, e la mia mascella tocca il suolo. Per due motivi: il primo che si mette immediatamente a fumare (piombandomi così nell’armata delle “femminilità zero”, con menzione speciale per “mi faccio la sigaretta da sola”, premio Truck Driver of the Year). Il secondo è che, non so per quale reazione alimentare, la sua camminata è lenta. Non lenta: letargica. Mio zio ha ottantotto anni, una vite in una tibia, due piedi gonfi come due pandori e vi garantisco che se fosse uscito con lei si sarebbe messo a sbuffare d’impazienza.

Passata la digestione, riesce a camminare con un passo più confacente alle sue pur corte zampette, e ci mettiamo a chiacchiera. Io vado fiero del mio amore per la lettura: nella mia nuova casa ho dovuto comprare quattro librerie billy dell’ikea, con relativo elemento supplementare, per un totale di circa due metri di biblioteca. Tutti pieni di roba mia. Adoro leggere, e adoro discutere delle mie letture. L’avessi mai fatto.

“Ma come, tu non leggi i carmilliani, ma come, ma come”
“no, guarda, io leggo tutto ma quella gente mi si erge un po’ sugli zebedei, come si suol dire”

“vabbè, allora conoscerai senz’altro <nome_autore_prontamente_dimenticato>”
“Ehm, no, veramente no…”
“Ma come, è una utore congolese d’avanguardia famosissimo, bravissimo, nuovissimo, pensa, una volta gli ho scritto una mail e mi ha pure risposto, mica come Umberto Eco che non mi risponde mai…”
“Mai sentito”
“Ma con le letture da ignorante che hai, mi sa che tu voti Berlusconi”


“Dove hai la macchina?”
“Sui lungarni, perchè?”
“Io devo girare di qua, allora. Buona serata”

Aristos? Elite intellettuale del paese? parte sana della nazione? Ma vaffanculo, và. Te, e gli autori avanguardisti congolesi.

Non stuzzicatemi…

…due colleghe portano i pasticcini e le pizzette per festeggiare il matrimonio recentemente contratto (non l’una con l’altra, of course).  E già li’, stuzzicano. Sono donne, sono meridionali: per loro il matrimonio è veramente il fulcro della vita.

“Senti un po’, sa30a, quando le porti tu le paste?”
“La separazione? l’ho festeggiata un anno fa, mi sa che sono andate a male”.

E già lì lo spazio per un bel favvanculo ci sarebbe stato tutto, ma il bello è venuto dopo. Tutti in una stanza, a mangiar pasterelle, pizzettine, bere spumante e tutto sommato a farsi due risate. Chiacchiero con un collega e vedo gli altri bisbigliare, poi mettersi tutti da un lato della stanza. E’ il collega Tizio a dare voce alla propria curiosità:

Tizio: “Ma che fate?”
Tutti: “Dividiamo la stanza, no? scapoli da una parte, ammogliati dall’altra”

In pratica nel “mio” lato della stanza restiamo io, un collega, un’altra collega (soprannominata “boga” per la curiosa disposizione dei bulbi oculari e, diciamocelo, un’avvenenza non propriamente standard) e un’altra collega con venticinque anni più di me.

Ovviamente vanno fatti dei distinguo, e ci pensa un’altra collega – meridionale anch’essa, ovviamente sposatissima, ma ve la ricordate la “Woman Power“? – a fare il distinguo ovvio: “Beh, in realtà non è una ripartizione corretta, perchè Tizio in realtà è fidanzato.

Tizio ridacchia, io guardo la Boga e leggo dal suo sguardo che ci è rimasta decisamente male. Se non altro perchè ha quarant’anni, esce da una storia di sette, è sola, sa che è una boga e soffre.

“Mi sembra una giusta osservazione” – faccio notare – “quindi va specificata meglio: da un lato gli Ammogliati, dall’altro gli Scapoli, e dall’altro ancora i Segaioli”

Coro di risate generali, Boga che ridacchia, ma non ho finito: “che poi avete poco da dire, che è scientificamente provato che dopo un intervallo di tempo Δt le vostre mogli smettono di darvela, tanto vi hanno già sposato, e tornate segaioli anche voi. Solo che io, allo stato attuale, una bella serata ogni tanto riesco ancora a passarla senza dover affrontare una causa giudiziaria poco dopo”.

Dagli sguardi di Woman Power, intuisco di aver fatto centro. E anche qualche collega sposato inizia a guardarmi come a dire “hai ragione, ma non te lo posso dire qui”. E mi sono trattenuto, perchè c’erano troppe donne in stanza, altrimenti ci sarei andato giù ben più pesante…

 

…che poi sarebbe facile, se la gente evitasse di fracassarmi le bolas con questa sacralità del matrimonio a tutti i costi. Come se fosse un punto d’arrivo, mentre al massimo è un punto di partenza.