Usato Garantito

Chiacchierata. Amico1 e Amico2 che parlano di donne e di moralità, in stile un po’ da bar.

A1: “Aaah, qui non si resiste, c’è una moralità che è andata a puttane, donne che la danno via come se non fosse neanche loro”
A2: “Per carità, ormai le donne vogliono le storie da ottobre a maggio, come gli affitti invernali, che d’estate il mercato si rianima e spuntano prezzi migliori!”
A1: “Si, ma insomma, dovrebbero regolarsi un po’!”
A2: “Iniziamo dalle tue, a farle regolare? perché poi è la volta buona che smettono e davvero che ci tacciano di misoginia”
A1: “Si, ma non dico di volerla nuova, però, ecco… lo vorresti lo stesso un Gronchi Rosa, se ce ne fossero milioni?”
A2: “C’è pieno di usati garantiti in giro”

sa30a: “L’unica cosa dell’usato garantito è che è garantito che ti usa. E comunque, chiunque definisce una cosa in base alla sua rarità e non alle sue qualità, per me, è un cretino.

A1: “…”
A2: “…”
A1: “…allora io vado, eh, ci sentiamo…”
A2: “che ha fatto il Milan?”

Non so se volessero fare a gara a chi era più misogino, oggi. Però mettere sullo stesso ring Alvaro Vitali, Lino Banfi e Mike Tyson non è per niente ma per niente sportivo.

(prima che me lo chiediate: no, nemmeno la Pasqua mi rende più buono)

Donne Olfattive

“senti, posso farti una domanda?”
“dimmi”
“Ti piace il profumo che ho addosso?”

Si avvicina e dà una timida annusata. Socchiude gli occhi. Riflette un attimo.

“Si… mi piace… è verde!”
“…?”
“…no,  no, un attimo, ASPETTA!”
Si avvicina al mio collo e dà un’altra usmata, mettendo inconsapevolmente a rischio la sua giovane vita. “Aspetta! Non è verde! E’ AZZURRO!!”
“…”
“sisisi, è azzurro. Ti sta bene l’azzurro, ti dona. Questo lo prendo io per la prossima volta che ci vediamo”

Cerco uno specchio. Mi guardo. Ho addosso un paio di pantaloni neri, un maglioncino rosa. Guardo la mia mano che fino a pochi secondi prima stringeva una boccetta di profumo.

Bianca.

Donne. Andrebbero, seriamente, amate tutte.

Le frasi che temo di più dalle donne

Rieccomi. Volevo lanciare assieme a voi un gioco, una sorta di richiamo a quello che è successo con il test sul pensiero laterale. Ve lo ricordate? Se non ve lo ricordate, pigiate qui e sarete trasportati a uno dei post che più mi hanno fatto divertire nel blog.

Insomma: io vi do’ il “la” (A per gli anglofoni) e voi vi scatenate. Vale da sè che il vostro contributo debba essere squisitamente bipartisan, non solo di frasi storte “da donna” ma anche “da uomo”. Il vostro punto di vista mi completa e mi arricchisce, quindi stavolta ve lo chiedo.

Eccone alcune, in rigoroso ordine sparso.

– “tu sei meglio di lui“. Lo dice a voi, l’ha detto a tutti. O siete in piena apotheosys, o fatevi delle domande e datevi delle risposte. Una vera donna non fa confronti.

“Sono una stronza”: un po’ come il capitano del Titanic che dice “vedo un calippo”. Se vi sentite dire “sono una stronza”, preparatevi, come direbbero a Star Trek brace for impact, perché non avete neanche lontanamente un’idea di cosa viene dietro ad un’ammissione del genere. No, DI PIU’. Mettete la conchiglia, volgarmente detta reggipalle. Ma non per proteggerle: per avere un posto in cui ritrovarle quando saranno cadute invece di cercarle a giro per la stanza.

“quando te l’ho detto lo pensavo!”. Riferito a qualsiasi cosa, tipicamente in un contesto in cui fate notare una cosa detta da lei e che lei non riesce proprio a smentire. Io in genere ho in uggia i cambi di programma all’ultimo minuto, figuriamoci i cambi di persona sotto gli occhi. Se mi dici una cosa, voglio poterti credere, sennò è inutile parlarsi. Davvero, eh, io sto bene anche nel silenzio.

“Tu sei bello dentro e fuori”. Ok, ragazza. I casi sono due. O sei un’operatrice sanitaria ipovedente specializzata in gastroscopie braille, o mi stai prendendo per le mele. Se ti serve qualcosa dillo, tranquilla. Basta saperle le cose, chiedi serenamente, dove arrivo arrivo.

“Il mio ex era un vero stronzo, mi ha maltrattata tre anni di fila!”. Ok, fermate gli ormoni e accendete le meningi. Perché ci sei stata tre anni? ti piaceva? benissimo, correte a comprare un flogger o magari un paddle e toglietevi due soddisfazioni. Non ti piaceva? perfetto. Siete di fronte a una portatrice sana di sindrome da principe azzurro. Mettetevi un sacchetto marchiato Durex attorno al cuore, o ve l’attaccherà. Ah, dimenticavo: lo dirà al prossimo, possibilmente di fronte a testimoni, che vi verranno a chiedere “scusa, ma la tua ex la picchiavi? perché altrimenti non capisco” e voi risponderete serenamente “Si. Ma me l’ha chiesto lei.”. Ci guadagnerete un sacco di popolarità e qualche birra pagata.

“Grazie”: Grazie non significa “Grazie”, significa “A posto”. Un po’ come dal macellaio. “Altro signora?” – “Grazie”. Non vi stanno ringraziando: se ne stanno andando. E’ diverso. Preparatevi. Basta saperlo, no?

“Posso uscire con/andare a/fare questo?”. A me lo chiedi? Se non stai con me, sei libera. Se stai con me, sei ancora più libera. Perché chiedere? perché lo ritieni una cosa sporca, o perché pensi che lo ritenga io? in entrambi i casi, abbiamo un problema. Dal momento che hai per definizione la mia fiducia (si, anche se l’intero orbis terrarum ti ritiene un trojone matricolato, se ti ho accanto è perché non voglio non fidarmi) se mi chiedi una cosa del genere so già dove è il problema. E temo di non essere io. A meno che il “questo” sia “andare a prendere un caffè con l’amante”, ecco, nel qual caso preparatevi a un manesco risentimento.

“Ti è piaciuto?”. Ok. Se me lo chiedi, sappi che a fingere l’orgasmo io non ho ancora imparato. Faccio le facce e i versetti, ma la biologia maschile non si presta molto: mancherebbe sempre qualcosina. Se te lo sto chiedendo io, è perché fondamentalmente a letto siamo stati talmente lontani che non è che mi sto ponendo in discussione: sto cercando compagnia. Probabilmente a metà dell’amplesso ti ho offerto un gambo di sedano, così, per sentirti rosicchiare qualcosa perchè tutto quel silenzio mi dava fastidio.

Forza, vediamo cosa mi regalate in questa uggiosa giornata di dicemb cioè, volevo dire, marzolina.

Corteggiami!

Capita, talvolta, che mi scrivano. In privato. Non è che sia impossibile: i contatti sono messi nell’apposita paginetta del blog, chiunque voglia scrivermi in privato può farlo senza problema, e ho comunque la mia brava paginetta su facebook su cui può contattarmi chiunque (voglio dire, ve lo ricordate Armando, vero?).

Si scrive per tanti motivi. Il motivo per cui tengo un blog credo sia lapalissiano ai più, ma perché scrivere al proprietario di un blog come il mio? Una persona anonima, anomala, evanescente? Perchè non in pubblico, ci sono post che ormai trattano un po’ di tutto, ci si accoda, si interviene. Questo blog si nutre dei vostri commenti (e uno dei motivi per cui ultimamente scrivo meno è che… ecco… languono? si, languono) e una persona potrebbe scrivermi in pubblico invece che in privato.

I casi sono due. O mi si scrive in privato per curiosità (“ma esisti davvero, come te la cavi col tacco 12, quanto sei alto, che mutande porti?”) e fin li’ va bene, oppure mi si scrive in privato per… consulenze. Avete capito bene. Consulenze. Manco fossi un counselor, o uno psicoterapeuta… io, che l’unica cosa che so fare è prendere tutti i miei tagli ed esporli.

Arriva tizia non bene identificata che chiede una consulenza. Consulenza a tema singletudine che vi anticipo sarà argomento del blog (tra un po’, magari: ma è nella famigerata “sezione delle bozze”) sulla quale quindi sorvolo. La chiudo con una battuta:

“Dai, vedila in positivo, ora puoi corteggiare me”
“Eh no! sei tu che hai visto la mia foto, quindi sei tu che devi corteggiare me!”

Forse non ci siamo capiti, ragazza. Mi sa che non ci siamo. Se mi ritieni biologicamente capace di corteggiare qualcuno, se pensi che una foto – per quanto bella tua sia – sia in grado di smuovermi più dei tuoi pensieri, se pensi semplicemente che un “devi” declinato a quella maniera non mi irriti nel profondo, allora mi sa che hai sbagliato numero. Hai scelto il blog e il blogger sbagliato. E no. Dirmi “ma stavo scherzando non capisci la mia sottile ironia” non vale. E’ tardi.

E sarà molto difficile che io vinca le mie ritrosie per chi entra a gamba tesa, parla di sè, chiede per sè, e non trova neanche un minuto di tempo per capire con chi ha davanti. Sarà molto difficile che io cerchi chi non vuole cercare, ma solo ottenere. Perchè si corteggia per ottenere, e io proprio non ne sono capace.

Sarò sbagliato io, probabilmente?

La Fetta di Fegato

Brevissimo post etimologico, visto che da più parti mi sono giunte voci perplesse circa il mio “sono una fetta di fegato”. Voci che potremmo serenamente riassumere in un coro di “ma che stai a dì?”.

Recap.

Lettrice: “gli uomini su cui fare un pensierino sono al 50% gay al 50% sposati con famiglia”
io: “e io sono una fetta di fegato”.

Devo ammettere, vi ho un po’ ingannato. O meglio, ho omesso qualche passaggio.

Il primo passaggio che vi ho omesso – anche se da qualche parte del blog ne ho dato accenno, troppo distrattamente affinché possa pretendere che qualcuno se ne ricordi – è la mia radicata affinità con la lingua della Perfida Albione, come diceva lo zio benito. Quindi è un modo di dire che viene da tutt’altra lingua. Stranamente, non è il latino.

Il secondo passaggio che ho omesso è che io parlo di fegato a fette, che è l’unico alimento sulla faccia della terra – assieme alla cannella, anche se con la cannella la faccenda non è così drastica – che vi tiro dietro.

Quindi: è un modo di dire anglosassone, più precisamente proveniente da una tradizione (credo ebraico-americana) che vede in tavola il fegato a pezzi. E la frase completa è “so what am I, chopped liver?” (trad. “e io che sono, fegato a pezzettini?”

Tradizionalmente il fegato a pezzettini (un incrocio tra il nostro patè – che pure mangio – e delle orride fette di fegato) è il classico accompagnamento, la seconda scelta, la cosa che in tavola c’è ma proprio perché c’è non la mangia nessuno.

Quindi, “so what am I, chopped liver?” dirà la giovane e bella pulzella sentendo i suoi amici lamentarsi che non ci sono più belle e brave ragazze disponibile, o anche uno come me a sentirsi dire che gli uomini su cui fare un pensierino sono o gay o già coinvolti in situazioni familiari.

Io l’ho solo italianizzato un po’.

Mi perdonate?