Linee nella sabbia

Post semiserio. In primis: sono tornato dalle vacanze. Connessione altalenante, e un simpatico campionario di umanità da raccontare (assieme ad altre storie). Posto caldo, pieno, affollato di turisti e… turiste. Si distinguono le seguenti fattispecie:

  • Turiste Tedesche: le riconosci facilmente, specie di notte, perchè brillano al buio. Nel senso che sono quel fantastico colore viola-fluo che in Italia andava di moda qualche annetto fa e che ora sembra spopolare in Germania. Ho visto cose incredibili, ragazze affrontare il sole dell’Equatore e 30 gradi all’ombra, bianche come la Morte, senza protezione o con l’olio solare. Dopo un po’ le veniva a prendere l’ambulanza e le riconosceva da lontano: lampeggiavano. Appena capiscono che sei italiano, te la lanciano con la fionda.
  • Turiste Inglesi: la Gran Bretagna è un paese civile: sotto la quarta di reggiseno ti levano la cittadinanza e ti buttano dal Tower Bridge. Quindi se vedete un oggettino in vestitini a tubino improbabili, con un seno compresso, la gonnellina plissettata e le ballerine 99% è inglese. Le riconosci facilmente, specie se sei un po’ olfattivo e un po’ sommelier, perchè lasciano una scia di birra. Appena capiscono che sei italiano, te la lanciano con la catapulta.
  • Turiste Francesi: non c’è nulla da fare. Una spanna sopra. Si muovono come dee della femminilità, in spiaggia si presentano con pareo di pizzo e infradito col tacco. La sera sono in abito da sera, scollo sulla schiena, un altro pianeta. Appena capiscono che sei italiano, sorridono condiscendenti e girano i tacchi.
  • Turiste Italiane: le riconosci facilmente. In spiaggia e alla sera, c’è sempre il trucco coordinato alle unghie coordinato all’accessorio e al sandalino e all’orecchino e al vestitino. Le riconosci facilmente: accanto a loro c’è sempre un Turista Italiano con ancora il fiatone per aver dovuto spostare la loro valigia e un comprensibile sfavamento quando ha dovuto aspettarle 45 minuti perchè scegliessero cosa mettersi e si decidessero a metterlo. Appena capiscono che sei italiano, ci provano con te di fronte al loro ragazzo con considerevole imbarazzo mio e ancor più comprensibilmente SUO.

Finite le facezie, vi metto qui una foto che ho scattato durante le vacanze. E’ un motto di questo blog. Una frase nata per caso: un bel posto, una bella persona accanto a me, tre bustine di zucchero e un motto. Improvvisato, come tante cose belle.

Mi sono reso conto però che le parole sono evanescenti. Che non è la loro lettura, a darne il significato. E’ il fatto di scriverle e di volerle scrivere, e continuare a volerle scrivere, a renderle vive e vere. Diversamente sono solo un’istantanea. Ed eccole qui. Scritte sulla sabbia del deserto africano per mia mano (così potete ridere della mia grafia).

Linee nella sabbia

Sono cosciente che al mattino dopo non ci saranno già più. Ci sarà qualcuno che ci è passato sopra. Magari il vento, smosso dal freddo della notte. Magari dei piedi di persone o di animali. Magari il mare che non è lontano.

Però domani le riscriverò, col mio dito e la mia grafia. Ovunque sarò. E’ una promessa che mi faccio.

Routine

Post per salutarvi tutti, sarò fuori per tutta la settimana a partire da stamani e in seria difficoltà a rispondere ai messaggi e ad approvare i commenti.

E’ un luminoso pomeriggio quasi primaverile. Rivedo, dopo tanto, il Collega del Mulino Bianco. Ve lo ricordate, si? Casale di campagna, i campi tutto intorno, moglie, due figlie, due gatte e una canina. Un amico, oltre che un collega, uno che me le ha viste passare tante. Che dico tante, tutte.

Ci sediamo di fronte a una insalata, e attacchiamo a parlare. E’ tanto che non ci vediamo e come due ragazze ci mettiamo a parlottare, prima del più e del meno, poi dei colleghi, e poi alla fine di noi due.

Attacco il mio repertorio fatto di gente che viene e gente che se ne va, di incontri, di scontri, di scene dolcissime e di tagli, di belle persone e di altre che hanno litigato con la propria umanità. Parlo a ruota libera per parecchi minuti, interrotto solo da qualche sguardo o da qualche domanda puntuale. Lui è un bravissimo ascoltatore, e mi sento bene. Ma anche io sono curioso e trovo gioia nel sapere di lui.

“…e tu, invece? che mi racconti?”
“Io? Solita routine, la moglie, le bimbe, le gatte, la canina…”
“…”
“…è rassicurante, sai?”

Ecco. Fai pure. Trapassami senza misericordia, proprio li’, che sono bello morbidino e il punteruolo entra bene.

Ha ragione. E’ rassicurante, ma non nel modo in cui potevo intendere io anni fa. Non è rassicurante perchè arrivi a casa e più o meno sai cosa trovi e non devi metterti in gioco più di quel tanto. E’ rassicurante perchè è una vita di amore puro, di impegno, di dedizione. Di cose rotte che vengono aggiustate invece che buttate, alle volte di fatica dura, alle volte di incazzature belle solenni che ti fanno arrivare in ufficio schiumante di rabbia dalla sera prima. Con le gioie che la vita può concederti a darti la bussola per andare avanti ancora.

Ma è amore. Quello vero, non quello che si dice, non l’innamoramento, non il corteggiamento, non la scoperta. E’ un amore di scelta, che viene ripetuto e reiterato giorno dopo giorno.

L’amore, ma non quello che si dice. L’amore che si fa. Perchè a innamorarci siamo capaci più o meno tutti, è bello, è uno sfogo. E’ un correre. E’ fottutamente divertente e si tromba pure come ricci.

Ma non tutto li’. Innamorarsi non è correre, innamorarsi è prendere la rincorsa e prepararsi a un salto nel vuoto. Amore è trovare la forza di sbattere entrambe le ali e continuare a volare, talvolta in alto, talvolta in basso… talvolta tra le nubi e talvolta sotto il sole.

Amore. E routine.

Grazie per la splendida lezione di vita, amico mio. E per l’esempio. Sei un faro.

Sguardi Penetranti

“Ehi, sa30a…”
“si, dimmi”
“Sei dimagrito!”
“dimagrito? io? naaaaah, è la maglietta che mi fa difetto, dai retta…”
“nonono, tranquillo. Sei dimagrito. E’ un po’ che ti guardo con attenzione”
“guarda, se questa maglietta ti piace così tanto dimmelo e me la rimetto anche domani. Tanto domani ci rivediamo, no?”
“ma certo che ci rivediamo, hehehe”. E ride. Si allontana.

Andrebbe tutto bene. Sarebbe tutto bello. Se non fosse che il dialogo è avvenuto in palestra, se non fosse che la mia controparte fosse un istruttore, di professione rugbista, più basso di me di 20 centimetri e con una forma cubica che ricorda un exogino.

Ok, già abbiamo materiale per demolire un muro a testate o, come direbbe il buon Steven, per una bella ammissione di froceria equina (cit.).

Poi al mattino dopo mi viene la curiosità, mi peso, e scopro che peso due chili in meno della settimana prima.

Perdo due chili e l’unico ad accorgersene è un uomo. Qui qualcuno sta cercando di dirmi qualcosa… sarà il caso che vada a vedere su Groupon se vendono il Luan.

Corsi & ricorsi storici

Accade ciclicamente, nella vita. Momenti in cui ti trovi solo con le tue mani ad affrontare cose più grandi di te, episodi che mettono alla luce tutti i tuoi limiti.

Perché sai, intimamente, che non sei fatto per quelle cose. Che per quanto tu ti sforzi, sono gestualità che esulano dalla tua natura, non puoi proprio comprendere come sia possibile. Non puoi comprendere come altre persone trovino così facile, così… immediato compiere azioni che per te risultano inconcepibili, difficili, innaturali.

E allora subentra un caleidoscopio di sensazioni. Lo sconforto, la rabbia, il dolore. Quasi piangi, e ti lamenti contro un destino leopardianamente indifferente che ti lascia da solo ad affrontare certi spettri.

Poi ti svuoti, e insisti.

E continui ad insistere, perché sai che un’alternativa non c’è, e persistere non basta, tocca insistere. Sai che non sei così, sai che ti stai facendo violenza , ma ti lasci andare e metti un piede di fronte all’altro.

Insisti.

E vinci.

Io ti ho piegato ancora.

Fottuto lenzuolo con gli angoli di merda. Ti ho battuto ancora. E ora ti infilo in un armadio da cui non uscirai mai più con le mie mani, te lo prometto. Sono un uomo duepuntozero io, sono più forte di te e delle tue meschinerie.