Coerenza prima di tutto

Io. Lei. Tralascio un po’ di pre- e anche tutto il post-.

Io: “Ehi. Ma sei tesissima, tremi come una foglia, è tutto a posto?”
Lei: “si, scusami, sono un po’ emozionata e forse un po’ impaurita”
“Stai tranquilla. Davvero. C’è un gesto, un qualcosa che ti tranquillizza?”
“Si. Gli abbracci”.
Mi muovo verso di lei.
“Però detesto essere toccata”
Mi muovo verso di me.

Fast forward a quando ho evidentemente deciso che stavo molto meglio senza di lei.

Lei: “ciao, come stai?”
Io: “Benone”
“Senti, mi dispiace essermi comportata da sciocca. Posso passare da te, che so, Giovedì a cena? Per farmi perdonare?”
“Giovedì ho le prove. Vieni mercoledì?”
“Ah no. Non esco mai nei giorni infrasettimanali”

Fast forward a data odierna.

Lei: “Ehi! Ciao! Verresti al compleanno di Alessio?”
Io: “Quando e dove?”
“Sabato sera a Firenze”
“Mi spiace. Son fuori tutto il weekend: parto venerdì pomeriggio e torno domenica in tarda serata”
“Prima o poi ci vedremo. Forse.”
“Forse.”
Segue faccina piangente e lamento.

Ma che hanno nella testa?

Teorema della Persistenza Comportamentale

Quanto era che non vi deliziavo con un teorema? Tanto. Lo so. Vi sono mancato.

Si enunzia – a seguito di riflessioni gentilmente offerte alla mia tutt’altro che augusta personcina – il seguente Teorema della Persistenza Comportamentale

Chi fa, rifà

applicando a codesto teorema le regole del cinismo si ottengono i seguenti corollari:

  1. Chi nasce tondo non muore quadrato
  2. A far bene agli asini si prendono solo calci

Inoltre, sia data la definizione del sostantivo femminile “Speranza”, così formulata

Speranza [spe-ràn-za) (s.f.): “attesa fiduciosa che si verifichi un futuro positivo”

e definendo Futuro come “elenco di accadimenti situati in avanti nel tempo”, possiamo dire

Speranza: “Attesa fiduciosa di accadimenti positivi in avanti nel tempo”

Purtuttavia, sappiamo che niente accade per caso: non esistendo il Caso si deduce quindi che ciò che accade avviene per diretta o  indiretta conseguenza delle azioni di qualcuno. Quindi possiamo riformulare la speranza come

Speranza: “Attesa fiduciosa che qualcuno faccia qualcosa di positivo in avanti nel tempo”.

Poichè per l’attesa della speranza di un accadimento positivo nel futuro implica giocoforza la sua assenza nel presente e in ossequio al principio di negazione che ci dice “chi fa, rifà implica che chi non fa non rifarà” possiamo quindi enunciare

Speranza: “Attesa fiduciosa che qualcuno faccia qualcosa che non ha mai fatto o che qualcuno smetta di fare qualcosa che sta attualmente facendo”

Applicando quindi il Teorema della Speranza Comportamentale, possiamo quindi dimostrare che la definizione stessa di speranza contrasta con detto teorema: è impossibile che chi fa non rifaccia e il suo inverso, quindi il proverbio

“La speranza è l’ultima a morire”

si dimostra fasullo in quanto la speranza è un insieme vuoto. Non è quindi vero che la speranza è l’ultima a morire: la speranza è nata morta.

Buon fine settimana a tutti!

Ricette Autobiografiche – Beer Can Chicken

Si prenda un pollo. Intero. Bello grandicello. Come me, ad esempio. Possibilmente già pulito, il che vuol dire lasciare il fastidio dell’abbattimento e dell’eviscerazione a terze persone.

Lo si cerchi con attenzione tra gli scaffali dei negozi e lo si blandisca fino a farlo arrivare a casa propria. Una volta giunto tra le proprie cose, si parta con un bel trito di spezie di propria scelta (termine tecnico: “dry rub”) selezionando magari aromi particolari da legare assieme al sale: paprika, pepe, peperoncino, kurkuma.

Aprite una lattina di birra (Guinness in questo caso) e iniziate a berne metà per creare un po’ di atmosfera. Si passino le dita nel trito di spezie e si massaggi prima l’esterno del pollo onde iniziare a rompere il ghiaccio, dopodichè quando le cose si fanno più intense si prosegua a massaggiarne l’interno.

Quando il pollo si fa inequivocabilmente morbido, si bagnino le dita nella senape e se ne massaggi l’esterno, senza trascurare nemmeno un centimetro di pelle (ehi, al pollo piace!) posando un ben dosato di mix di spezie e senape al suo esterno e un massaggio di spezie al suo interno. Le più audaci possono anche massaggiare sottopelle.

Si continui il massaggio fino a che il pollo si rilassa completamente e si instauri un rapporto di fiducia reciproca: dopodichè si prenda il pollo e lo si inculi ferocemente, impalandolo sulla lattina di birra precedentemente aperta e ancora mezza piena. Si ignorino le sue proteste e i suoi occhioni sgranati e lo si disponga in una teglia con patate e verdure di propria scelta.

Notare lo sguardo sgranato.

Ignorando eventuali input di protesta dal pollo lo si chiuda in forno tre ore (o settimanette) a temperatura piuttosto bassa, un intorno dei 130 – 140 gradi. Non fatevi venire rimorsi di coscienza: al pollo le cotture lente piacciono, bisogna fare con calma perchè – diciamocelo – in fondo in fondo il pollo se lo è meritato. In teglia pochissimo olio, non serve.

Passate le tre orette controllate la temperatura interna del pollo infilandogli dentro l’apposito termometro (ormai vi guarderà con i suoi occhioni da pollo senza protestare nemmeno più) e controllate che abbia raggiunto almeno i 75 gradi. Sennò fatevi guidare dall’istinto, che secondo me siete tutti/e capaci/e di capire quando un pollo è cotto a puntino. A fine cottura insegnate al pollo chi comanda portando la temperatura a 220 gradi centigradi e passando al grill per pochissimi minuti.

Il pollo alla fine del suo percorso di crescita.

Ponete termine ai supplizi del pollo togliendo la lattina da li’ e ignorate i suoi flebili lamenti, disponete in tavola e servite. Si accompagna alla birra di cottura (non quella tolta dal forno, una uguale tolta dal frigo) o, per chi avesse accesso a bottiglie dall’alto valore aggiunto, non disdegna un rosso elegante (nel caso in esame, una Bonarda Superiore), profumato e morbido.

E via, verso uno scintillante 2015 affrontato con una andatura tutta nuova, dinamica, giovane.