Horror Stories

Lo conosco da qualcosa come 34 anni. Era il mio amico del cuore alle elementari e alle medie, siamo cresciuti insieme e ci siamo concessi quei piccoli eccessi di una fanciullezza fin troppo tranquilla per gli standard di oggigiorno. Poi finiscono le scuole dell’obbligo, lui sceglie di lavorare e io prendo il liceo, e piano piano la distanza si amplia finché non mi iscrivo all’università. E’ comunque una persona che mi è molto cara, nonostante non ci si veda praticamente più e le nostre vite si siano allontanate.

Lo sento qualche giorno fa dopo aver visto una sua foto con accanto un suo mini-me. Praticamente un ometto uguale a lui, solo più piccolo.

“Ma hai figliato e non me lo vieni a dire?” gli dico a mo’ di rimbrotto. Frasi di cui pentirsi ne avevamo? no? eccone una.

Dopo essere stato anni ed anni con la fidanzata di sempre, una di quelle possessive che ti allontanano da tutti, prende il coraggio a quattro mani e la molla. Trova lei: bionda, carina, che condivide con lui alcuni hobby. Stanno insieme per un po’, vanno a convivere, e lei inizia a dire “voglio un figlio”. Il problema è che lui non ha studiato, alterna lavoretti a lavoretti, non è precisamente una persona economicamente stabile. Ciononostante lei è inamovibile: vuole un figlio. Lui pure, beata incoscienza. E questo figlio arriva.

Vi chiederete: “Quale è la donna incosciente che mette al mondo un figliolo con il compagno che non ha lavoro?”. Una donna molto innamorata? No. Una donna con l’amante.

Appena saputo di essere incinta, la gran baldracca brava pulzella ha mollato lui e si è messa definitivamente con l’amante. Il quale le è stato vicino durante tutta la gravidanza, le è stato vicino durante il parto (ma il figlio, casualmente, non l’ha riconosciuto. Chiamalo scemo.) e ora si occupa a tempo pieno di quel bimbo come fosse suo.

Il mio amico è ai bordi della pazzia. Quando vuole vedere suo figlio c’è lui. Non lo può educare come vorrebbe. Ora ha postato le foto delle vacanze: lui, suo figlio, la ex e l’altro. A quale livello di umiliazione si deve scendere per passare del tempo con la propria progenie.

Ogni giorno dobbiamo ringraziare chi astiene la propria mano e non commette omicidi multipli con l’aggravante dell’efferatezza del reato. Io al posto suo non ce l’avrei fatta. Forza ragazzo, forza.

50 sfumature di donna

Sala prove. Ho un elemento nella band più unico che raro: il chitarrista timido. E’ qualche annetto che suono e ormai sono cosciente della presenza di alcuni denominatori comuni ai vari musicisti e so che i chitarristi sono chiassosi, vanesi, primedonne che se hanno un potenziometro del volume che va da uno a dieci si arrabbiano con le divinità perché non riescono a metterlo su undici.

Lui no. Lui guarda la chitarra, la guarda storta, guarda la pedaliera, la guarda storta, corruga la fronte, abbassa il volume dalla pedaliera, suona qualche nota, abbassa il volume dalla chitarra, fa una giravolta, la fa un’altra volta, poi abbassa il volume dell’ampli, e suona basso. Bassissimo. Con la non trascurabile conseguenza che a me tocca fare il polipo per riempire i vuoti che lascia.

“Ale, per favore, ti alzi?”
“No, ma vedi, c’ho una corda scordata poi non mi piace il suono e poi la ritmica non andava bene e poi…”
“Non ti sento, per favore, alzati! Sto facendo una fatica boia qui”

A darmi manforte interviene la cantante.

“Ale, non ti sento nemmeno io e ti ho accanto, alzati!”
“No, ma aspetta, devo sistemare i livelli dei pedali e poi controllare bene questo accordo e poi…”
“Oh, ma è possibile che il chitarrista che suona pianino pianino ce l’abbiamo solo noi?”
“Davvero!” – intervengo io – “E’ come avere una donna che sa parcheggiare!”

Si delineano da subito due sfumature di grigio:

-Sfumatura nr. 50 (grigio scuro scuro tendente al nero): cantante, ragazza sulla quarantina, sorridente, piaciona, corpo morbido, che posa il microfono, attraversa la stanza e mi salta al collo ridendo come una scema al grido di “sa30a, mi fai schiantare!”

– Sfumatura nr. 1 (bianco latte da assenza di humor): corista magra rifinita nutrizionista vegana di colorito grigio chiaro che mette il broncio, alza la voce, mette le Mani-A-Teiera™ (*) e alzando la voce fa “Ehi!!” guardandomi male per il resto delle prove (due ore).

Voi in quale sfumatura siete?

(*) Mani-A-Teiera™ è un presidio medico chirurgico. Assumere con costanza e ostinazione. Non associare a Penetril™ o CvnnusFelix™ in quanto ne mitigano gli effetti.

L’importante è essere contenti

LEI: “Perchè uffa, io vivo una vita difficile, è tutto una merda”
IO: “No, dai, hai anche delle grosse fortune”
“Tipo?”
“Ad esempio hai un ottimo lavoro, e una bella casa, nuova e grande, e non hai nemmeno dovuto pagarla”
“Ma quale nuova, ha quindici anni, e poi è grande ma non è mica una villa. La vorrei cambiare, e poi non va bene, c’è da farci dei lavori”
“Mah, senti, l’ho vista, a me pare molto bella, al massimo puoi fare il bagno, toh, e…”
“E poi la cucina non mi piace! Mi fa cacare!”
“…ah, non l’hai scelta tu?”
“Certo che l’ho scelta io! Ma mi fa cacare! Potessi gli darei fuoco!”
“Ma che ha che non va? è nuova… è bella…”
“Si ma è in stile rustico!”
“…e?”
“…e a me ora mi (sic!) garba lo stile moderno!”
“Tanto lo sai che appena la compri moderna la rivuoi rustica, si?”
“La casa è arredata in stile moderno ma starebbe meglio in stile rustico, ad esempio!”
“Sai una cosa?”
“cosa?”
“Sei un considerevole dito in culo!”

“A qualcuno piace!!”

Si. Ma a me no.

Coerenza prima di tutto

Io. Lei. Tralascio un po’ di pre- e anche tutto il post-.

Io: “Ehi. Ma sei tesissima, tremi come una foglia, è tutto a posto?”
Lei: “si, scusami, sono un po’ emozionata e forse un po’ impaurita”
“Stai tranquilla. Davvero. C’è un gesto, un qualcosa che ti tranquillizza?”
“Si. Gli abbracci”.
Mi muovo verso di lei.
“Però detesto essere toccata”
Mi muovo verso di me.

Fast forward a quando ho evidentemente deciso che stavo molto meglio senza di lei.

Lei: “ciao, come stai?”
Io: “Benone”
“Senti, mi dispiace essermi comportata da sciocca. Posso passare da te, che so, Giovedì a cena? Per farmi perdonare?”
“Giovedì ho le prove. Vieni mercoledì?”
“Ah no. Non esco mai nei giorni infrasettimanali”

Fast forward a data odierna.

Lei: “Ehi! Ciao! Verresti al compleanno di Alessio?”
Io: “Quando e dove?”
“Sabato sera a Firenze”
“Mi spiace. Son fuori tutto il weekend: parto venerdì pomeriggio e torno domenica in tarda serata”
“Prima o poi ci vedremo. Forse.”
“Forse.”
Segue faccina piangente e lamento.

Ma che hanno nella testa?

Il Materasso Giusto Per Me

A casa sa30a serve un nuovo materasso. Poco da fare. Mi sono stancato di dormire poco e di svegliarmi con il mal di schiena per cui si raccolgono i soldini e si compra un materasso di quelli seri. Dove dormire bene e potersi fare quelle sette ore di sonno che rappresentano il mio “riposo di lusso” senza necessariamente doversi svegliare inferociti dopo un’ora di trivellazione nel letto. Che non è quello che stanno pensando le vostre anime suine, no: è il movimento in cui mi rigiro da un lato e dall’altro cercando una posizione.

Problema: comprare un materasso. Condizioni al contorno: conosco meglio la fisica delle particelle che i materassi. Soluzione: si va in un negozio a comprare il materasso e a farsi consigliare. Niente acquisti fai-da-te, ma la consulenza di un professionista che sappia indicarmi cosa guardare e guidarmi a fare un acquisto giusto. Sono un ragazzo grandicello, è giusto che mi compri finalmente cose belle.

Vado in un negozio specializzato e – ironia della sorte – ci trovo unA professionistA. Vabbè. Poco male. Vinco la mia naturale timidezza e le dico “senta, sono un omone, ho avuto materassi sottovuoto da 99€ al discount e vorrei finalmente qualcosa di serio”. Mi prende letteralmente sottobraccio e mi fa provare mezzo negozio. Mi sdraio, mi sdraio di fianco, provo l’accoppiata coi cuscini, provo a dissimulare la timidezza con qualche battuta e il fatto che questa ragazza sia coetanea e per giunta molto bella di certo non mi aiuta.

Alla fine trovo. Lui. Il materasso perfetto per me. Con i cuscini perfetti per me. Costicchia, ma ne vale la pena, durerà come minimo più della mia fragile esistenza. Ci sediamo al tavolo e parliamo di cose più concrete: consegne (lunghe) e soldi (tanti).

“Senta” esordisce lei. Ci diamo del lei: la ragazza è algida e mantiene una cospicua distanza. “Avrei bisogno di sapere con certezza la lunghezza della sua rete”
“L’ho misurata proprio oggi, guardi, la rete è lunga 195”
“Oh, è fortunato! Posso darle il materasso in esposizione, se non la urta il fatto che l’ha provato qualcuno prima di lei, posso farle anche un prezzo migliore”
“Ben volentieri, va benissimo, così l’ho a casa prima”
“Splendido. Allora, il materasso modello sa30a special che lei ha visto viene tot. La sua rete è larga 80 o 90?”
“Mi scusi?”
“La rete. E’ larga ottanta o novanta centimetri?”
“E’ larga 160. Chiedo venia: ma vuole darmi un materasso singolo?”
“Si, perchè?”

La guardo. Bene. Giro la testa da un lato e dall’altro come i pappagallini e chi mi conosce sa cosa vuol dire. Vuol dire rispostaccia in arrivo.

“Devo ringraziarla”
“Non capisco”
“Sa, lei è riuscita a dirmi che sono brutto, orrendo, inguardabile, inadatto e inaccettabile per la copula nel modo più delicato che una donna abbia mai usato in trentotto anni di onorata carriera.”
“Ma io…”
“… non si preoccupi. Il materasso mi serve 160×195. Le dispiace se questa sua uscita la scrivo su internet?”
“Lei è un burlone!”. Ride.

No, ragazza mia. Come vedi, non lo sono.

Peccato averti persa

E’ amica di amici. Ci chiacchiero un po’ in qualche gruppo, mi piace quel che dice e come lo dice, inizio a scambiarci due parole.

Aperta, libertaria, peraltro pure caruccia. Mediterranea e morbida. Insomma, detta tra noi, ci avrei fatto volentieri merenda, ecco. Ogni tanto la sento fare dei discorsi strani, un po’ da “il mondo deve essere come mi pare”. Ma è normale. Quando si è soli ci si rinchiude dietro le nostre verità, esponendole, aspettando che qualcuno ci bussi al portone. Come quei canini piccoli dietro i cancelli, che ti abbaiano feroci quando ti avvicini, e se infili la mano tra le sbarre per accarezzarli ti mostrano il pancino e si sciolgono.

Arriva una occasione in cui ci si può finalmente vedere, un picnic tra amici, e insomma, io vado. Lei invece no, non c’è. Pazienza. Cose che capitano. La ricontatto il giorno dopo.

“Non c’eri domenica…”
“Eh, avevo un altro impegno”
“Non ci siamo visti, peccato”
“Si, per te senz’altro”

A posto. Da prendere e mandare affancuore subito.

Dialoghi rapidi

“Ma come fa uno così carino e dolce come te a essere single?”
“Magari mi aiuti a capirlo? tipo di fronte a un bicchiere di rosso?”
“aaah, noi donne siamo proprio stupide alle volte”

Gira il culo, e se ne va.

TiziaA: “ehi, sa30a, come è andata con tiziaB?

sa30a: “Bene, molto bene…

TiziaA: “Non capisco perchè mi parli di tiziaB, magari mi dà fastidio, no?

sa30a: “ma me l’hai chiesto tu…

E se ne va a culo ritto.

Poi uno dice che la singletudine nuoce alla salute. All’altrui, di sicuro.