Prospettive

Ospedale. Si, ultimamente ci vado spesso. Minimo due giorni a settimana, quando non sono di più. La strada è lunga.

Oggi pioveva. Quella pioggia mista tra un acquazzone estivo e un autunno precoce. Ma per un raro scherzo del destino avevo con me un ombrello: di solito non ci faccio caso e non ne ho mai.

Esco di macchina, prendo l’ombrello e sotto la pioggia battente mi avvio a larghe falcate verso l’ingresso. Davanti a me una ragazza. Bionda, capelli raccolti, vestita da tutti i giorni e in mano un sacchetto con tante cose non sue. Cammina sotto la pioggia come se non ci fosse, come se non ci fosse aria, come se non ci fosse nulla. Cammina e si bagna.

ok, sa30a. Coppa vuota e coraggio a quattro mani. Allungare il passo e…
“Mi scusi. Mi permette?” e le piazzo l’ombrello sopra la testa.
Mi guarda come se fossi un alieno. Sbuffa. Continua a camminare. “Mah, faccia come vuole, tanto questo posto è uno schifo e cosa vuole che sia se mi bagno i capelli”
“Mi creda, lo so che è uno schifo. Lo so bene. È per quello che vorrei tenerla all’asciutto. Almeno questo se lo faccia regalare. Mi permette?”

Camminiamo insieme, io all’acqua e lei no, per i cento metri che ci separano dall’atrio coperto.

“Certo, che tempaccio, eh?” mi dice, alla fine del percorso.
“Davvero diobono. Sembra già agosto!”

Sorride.

“Buona giornata?”
“Grazie. Anche a lei!” mi risponde. Ancora col sorriso alla più banale delle battute sul più banale degli argomenti.

e fuggo verso le porte girevoli. Spero che non mi abbia visto arrossire.

Acidità

Ospedale. Esco dopo una mattinata di visite & controlli, e si avvicina lei. Venticinque anni scarsi. Jeans tattico. Sorriso a 128 denti. Maglietta aderente.

Badge sulla maglietta aderente. Uh-oh.

“Buongiorno salve sono della Associazione Nazionale Tumori!
“Carino! Cosa fate?”
“Un’offerta per i malati di tumore?”

Tendo la manina.

“Grazie tata!”
“Mi scusi, non capisco.”
“Ho detto: grazie! Questo mese m’è arrivato il conguaglio del gas e sa, non è che ho lavorato tantissimo”
“Ma l’off…”

Si ferma. Ferma il disco. Mette in moto il criceto. Capisce. Sbianca.

“Signorina?”
“…”
“Facciamo che le auguro buona giornata, signorina?”
“…si, grazie… anche a lei…”

Inacidisco. Invecchio. Male.

Compatimento ed Esami

Pineta della mia città. Un sa30a è a correre con un’amica quasi coetanea, nell’eterna lotta tra Eros e Thanatos, Spirito e Materia, ma soprattutto Single e Tagliatelle Col Cinghiale.

Uno degli assiomi della corsa è “corri rilassato. Sei rilassato quando riesci a conversare”, e ossequioso alle regole di uno sport che non conosco ancora parlo. Parliamo. Delle nostre vite – ci conosciamo da un po’ – delle nostre storie. Di ex.

“poverina, quante gliene ho fatte” mi dice parlando di una sua ex.

Mi è salito il groppo al cuore, che quando stai cercando di correre non è precisamente il massimo della vita. E mi sono volati i pensieri.

Sono un giudice molto duro con me stesso. Il primo pensiero è stato rifarmi un esame di coscienza per chiedermi se ci sono persone nella mia vita a cui ho fatto sentimentalmente del male, o perlomeno, più male del necessario. Perchè le storie talvolta finiscono e in quel caso qualcuno che soffre c’è sempre, però c’è una sofferenza che è inevitabile e un’altra che può essere risparmiata.

Passato il necessario esame (ma mi riprometto di rifarlo con il cervello meno annebbiato dalla carenza d’ossigeno) mi sono scoperto a volare con la fantasia. Chissà se c’è qualcuno in giro per il mondo che pensando a me dice “oh, povero sa30a, quante gliene ho fatte”.

Mi sono sorpreso a pensare che le persone che potrebbero dire una cosa del genere in realtà sono quelle più incapaci di pensarla. E se fossi così anche io?

Esame da rifare. Accidenti a me, a Voltaire e alla logica.

Depressioni Dottorali

Studio del mio direttore amministrativo.

“Dottoressa buongiorno, scusi se la disturbo, avrei bisogno di…”
“Ah, dottor sa30a! Vedo che ha ripreso dei bei chiletti, eh?”

 

Ammazzatemi. Ma fatelo chiamandomi per titolo, mi raccomando: la formalità è importante.

Depressione Strisciante

…è cominciato con una tendinite, o meglio, una epicondilite (e ci sarebbe da ironizzare un’altra volta sulla casta medica, ma tacciamo). Stop di allenamenti di due mesi.

Poi è continuata con la chisura estiva della palestra, poi è continuata con problemi potenti sul lavoro, di recente una bizza di salute mi ha tenuto febbricolante per sette giorni e con un palo piantato in gola per i successivi sette.

La morale? il peso è aumentato di sei chili pieni da Aprile a questa parte, mi sento gonfio, e già la gente comincia a dirmi “sei ingrassato”. I pantaloni tiricchiano, le maglie stanno peggio.

E non vi rendete conto della depressione strisciante, senza riuscire a capirne il motivo. La stanchezza, un periodo difficile, mille prove, bizze sul lavoro, quello che volete… ma se c’è un pregio che mi sono sempre attribuito è l’introspettività, e non riuscire a capire cosa mi serpeggia dentro mi mette addosso un ulteriore mal di vivere.

Alle volte non ci si rende conto di come sei chili, sei fottuti chili su 42 persi, riescano completamente a ributtarti giù, con tutti gli spettri di una obesità mai sconfitta che tornano, con la perdita di sicurezza, smalto, brillantezza… la gente vicina che mi dice “ti vedo meno solare” (e io solare in vita mia non lo son mai stato). Il collega mulino bianco che mi dice “sul lavoro ti vedo distratto”. Perfino i miei allievi che dicono “ehi, oggi fai meno battute del solito”.

Ho molta paura, credetemi. Una paura tremenda di non sentirmi tranquillo mai. E credo che post semideliranti come questo, buttato giù senza rileggerlo, parlino molto meglio di quanto non sia capace di fare io.

Dismorfismo (o dismorfofobia?)

Ricordando le mille parole della buona Pansina sul dismorfismo, mi è venuto in mente che… beh, a soffrire di questa patologia siamo in tanti. A livelli più o meno lievi.

 

Premessa: dopo un anno di allenamento intenso (e per intenso intendo intenso davvero) e i chiletti persi il mio corpo mi sta mandando segnali inequivocabili di stop, uno tra i quali è una tendinite noiosissima all’avambraccio sinistro. Tendinite che prima ho provato a curare con le cremine, poi con lo stop degli allenamenti che coinvolgessero l’avambraccio, poi con gli antinfiammatori… senza risultato. L’unica, a quanto pare, è il riposo. Riposo totale e assoluto, perchè stando a quanto mi ha detto un medico d’emergenza, “sono microcristalli di acido lattico e se ti alleni continui a rigenerarne”. Ergo niente corsa, niente addominali, niente sesso già che ci sono (no, dai, quello magari no).

Riposo? per uno che va in panico se gli si offre un gelato ed è abituato ad allenarsi minimo un’ora al giorno tutti i giorni? Se mi avessero proposto un incontro amoroso con Rocco Siffredi avrei sofferto meno! Se non altro perchè gran parte del mio dimagrimento – e del riappropriarmi del mio corpo – è dovuto all’allenamento, costante, duro, e se me lo togli vado letteralmente nel panico. Panico perchè non voglio ritornare quel che ero, panico perchè comunque mangiare mi piace – e lo faccio spesso – e quindi la mia soluzione al dimagrimento è sempre stata “alziamo i consumi”.

 

Riposo? vuol dire farmi ingrassare. E di brutto, anche. Considerando anche il fatto che è estate, esco molto di più, sto spesso in compagnia e l’alimentazione è molto meno controllata ho iniziato a vedermi grasso. Sempre più grasso, anzi, ancora più grasso che tanto un bel vedere non è. Sentivo i pantaloni stringere, le maglie cascarmi male sul petto. Un mese di riposo e mi sentivo uno schifo.

 

Stamattina preso da uno strano impulso di coraggio mi peso.

 

Stesso peso di tre, quattro mesi fa, stessa soglia su cui mi sono “arenato”. Non ho preso un etto. E continuo a vedermi ingrassato, nonostante i numeri dicano il contrario. E se non è dismorfismo questo, ditemi voi cosa lo è…