Gelato e singletudine…

Mi capita, ogni tanto, di fare dei corsi. Corsi come docente, inteso bene. A questi corsi incontro ogni sorta d’umana genìa, giovani, anziani, donne, uomini, terzamedia o dodici anni di università. Insomma, di tutto di più…

…e ovviamente questi corsi sono, potenzialmente, terreno di caccia. E i miei colleghi, che sanno la mia situazione, ne sono ben coscienti e mi lasciano spesso campo libero. Aggiungiamo la mia propensione per il gioco, per le battute anche un po’ equivoche e diciamo che qualche conoscenza l’ho fatta.

Detta tra noi, uso le battute equivoche principalmente come fine didattico, e non certo da rimorchio. Spiegare l’opzione “parola intera” del “trova e sostituisci” di Word facendo notare come sia possibile trovare una nana in una banana nonostante uno si aspetterebbe il contrario serve principalmente a far divertire i discenti, tenendoli svegli e focalizzati su quel che dico, se non altro perchè battute di quel genere potrebbero ripetersi. Ergo, mi ascoltano.

Il “lato spiacevole” (uuuuh, quant’è spiacevole…) è che far ridere una donna è un buon modo per  colpirla, anche e soprattutto quando si è tutto sommato inguardabili come il sottoscritto. E capitano scenette come l’ultimo corso che ho tenuto, in cui l’allieva di prima fila – che fatica, non farla dormire! – mi si rivolge così.

“Bene ragazzi, questa era l’ultima parte teorica, ora facciamo un quarto d’ora di pausa e via coi test di uscita”
“Ma è l’ultima lezione?”
“Eh si…”
“Ma poi non ti rivedo più?”
“Dubito, non capito spesso dalle tue parti”

Attimo di pausa e poi… “ma un gelato te lo posso offrire?”

e vi giuro, mi ha fatto una tenerezza indescrivibile. Lei e il collega che si è defilando accampando una telefonata urgente da fare alla moglie. Una donna di quasi quarant’anni che si muove con questi modi… retrò mi fa veramente commuovere. Così come la sua reazione quando le ho detto…

“Ti odio profondamente!”
“Ma come!”
“Eh si, il gelato… mi fai ingrassare! Ma si, vai, concediamoci questo attimo di lussuria!”

 

Poi uno si chiede come mai si resta single a vita :-) ma se volete spiazzare un obeso… offritegli qualcosa di dolce :) e non saprà mai se accettare o meno…

Legge Mannara del Culo Peloso

Sia dato X individuo di sesso α con gradevolezza nella media e vari difettucci. Sia dato Y individuo di sesso β.

 

Si dimostra sperimentalmente che X appartiene alla categoria delle persone “sane di testa” se e solo se vale per ogni difetto k(X) esaminato nel sistema di Y la seguente Legge Mannara del Culo Peloso:

Se non ti garba, ti giri dall’altra parte.

 

Perchè non tutti i nostri problemi sono realmente nostri.

Ma certo che io non guardo il fisico!

Estate 2009. Single a trent’anni, peso sui centorenta. Arrivo verso l’ufficio, incrocio la collega amministrativa di ragioneria molto carina, e a cinquanta metri esatti le sorrido e le porgo il braccio.

“Ma mi vuoi prendere a braccetto?”
“Certo, voglio fare 50 metri di bella figura prima di arrivare all’ufficio!”
“hehehe, sempre a giocare tu!”

…e siamo andati in ufficio, a due rispettosi metri di distanza, chiacchierando amabilmente del più e del meno.

Estate 2010. Single a trent’anni, peso sotto i novanta. Arrivo verso l’ufficio, incrocio la collega amministrativa di ragioneria molto carina, e a cinquanta metri esatti le sorrido e le porgo il braccio.

“Ma mi vuoi prendere a braccetto?”
“Certo, voglio fare 50 metri di bella figura prima di arrivare all’ufficio!”

Ha infilato il suo braccio dentro il mio e si è fatta i cinquanta metri che ci separavano dall’ufficio sorridendo e guardandosi intorno. In silenzio.

 

Mai più certe umiliazioni. Mai più.

Il valore terapeutico dell’allenamento

E’ una sera come tante, in un periodo come tanti in cui ero afflitto da una forma piuttosto grave di rabbia endogena. Quella rabbia che non sai dove canalizzare, che viene non dal male fatto o ricevuto, ma da una consapevolezza profonda di inadeguatezza e mancata comprensione di una situazione.

E’ una sera come tante in cui trovo il mio rifugio in palestra, e sono li’ a fare un esercizio piuttosto ignorante (dicesi “croci su panca piana con manubri”) con un peso piuttosto ignorante (dicesi due manubri da venti chili l’uno). Come spesso capita, faccio la mia serie, arrivo veramente al limite, spendo tutto lo spendibile e a fine serie poso i manubri e schizzo letteralmente via dalla palestra digrignando i denti e ringhiando. Lo chiamo affettuosamente il mio “picco ormonale”, anche se so che di ormonale non c’è un bel niente (fosse così facile…), ma è piuttosto una reazione complessa legata allo sforzo, all’adrenalina, alla psiche un po’ malata di chi va in palestra a farsi del male coi pesi. Però è una reazione relativamente frequente per me: faccio un esercizio e balzo via dall’attrezzo in preda ad un’apparente furia. Anzi, ad una furia e basta. Mi calmo dopo venti secondi, di solito.

Da una distanza di relativa sicurezza un collega di palestra esce da sotto un bilanciere molto carico, mi guarda e sorride. Mi guarda scattare via, fare quattro passi, recuperare un’espressione del viso relativamente normale e…

CP: “Toglimi una curiosità singleatrentanni… ma chi ce lo fa fare a noi?”
“Eh già, chi ce lo fa fare… chissà…”

CP: “…”
“…”

CP: “Dì la verità, non trombi neanche tu, eh?”
“…guarda, mi hai convinto: prendo i manubri da ventidue. Mi dai un’occhiata per favore? che stavolta rischio di farmi male sennò.”

La vita, il recupero di un rapporto col proprio corpo, mille pensieri, mille situazioni che ti portano a vivere la palestra in un modo o nell’altro. Ma la disarmante semplicità di un ragazzo che mi conosce appena, alle volte, dà da riflettere più di mille discorsi altisonanti con rappresentanti dell’altro sesso.

Salva Te Ipsum

Ed ecco il post pesante, ma pesante davvero, che ho in canna da un po’.

Non tutti sanno che quando gamma ha perso la gradevole decisione di tornare a fare la coinquilina, io non è che l’ho presa precisamente bene. Anzi, non l’ho presa affatto bene. Fuor di metafora: l’ho presa malissimo.

Il rapporto tra me e lei andava male, male già da un po’, e non riuscivo a risistemarlo. Nel tentare di risistemarlo, o forse per annegare la disperazione, o chissà se per recuperare un rapporto con una qualche forza erotica (intesa, come vedrete, in senso lato) mi ero buttato sul cibo. E io, che magro ero giustappunto quando ero ragazzo o quando facevo agonismo, sono ingrassato ancora di più.

Aggiungiamo che nei primi giorni “post coinquilina”, in cui cercavo ancora di più di capire – e forse di recuperare – lei se ne esce con la mirabile frase “del resto cosa vuoi, sei anche un ciccione schifoso”. E li’ arriva il colpo basso, la baionettata diretta al cuore. Il cuore era in frantumi, la mia autostima va in frantumi, io vado in frantumi. La razionalità tenta di salvare il salvabile, ricordandomi “ehi, quando l’hai conosciuta eri solo quindici chili in meno”, e fallisce miseramente.

E a quel punto smetto di mangiare. Completamente. Tre settimane di digiuno quasi completo, se si eccettua l’acqua, e qualche caffè macchiato che per fortuna sta al suo posto invece di lottare prepotentemente per riuscire dal mio corpo come tutti gli altri cibi che provo – beata razionalità – a farci entrare. Nel frattempo provo ad andare in palestra, avevo qualche ingresso ancora da sfuttare.

E in quelle settimane avviene un po’ di patatrac: in palestra svenimenti continui (con l’istruttore son diventato amico, dalle volte che mi ha ritirato su), sul lavoro mi addormentavo a metà giornata… e fin lì ci si può stare, conosco la razionalità del non mangiare e so quali sono i sintomi. Finchè non iniziano i sintomi seri, iniziano i mancamenti, inizia a bloccarsi prima l’intestino, poi i reni. Inizio a spaventarmi, ma spaventarmi davvero. Sapevo che un altro po’ di questa solfa sarebbero arrivati danni seri.

E lì avviene il piccolo miracolo, riesco piano piano a trattenere qualcosa, una fetta di prosciutto, un fico, un pezzo di pane… e piano piano il mio corpo salva sè stesso, perchè io, in tutta franchezza, non ne avevo le forze e l’avrei lasciato andare.

Da tutta la vicenda capisco a mente (relativamente) lucida una cosa importante: che il rapporto col mio corpo era perso, e assieme a lui una parte di me. Capisco che tutte le volte che mi dicevo “si, ok, sono ingrassato ma sono sempre la stessa persona, dentro” stavo mentendo a me stesso, prima che agli altri. Capisco che c’è un rapporto da recuperare, una nuova confidenza da ricostruire, tanta, TANTA strada da fare.

 

Quando mi folgorò l’idea di www.singleatrentanni.com, quest’estate, c’era il pensiero di una categoria “salva te ipsum”: salva te stesso, come il mio corpo ha fatto di sua sponte, come un album fotografico su facebook che porta con sè le tappe di un rapporto da riallacciare. Volevo parlare di peso, di disturbi dell’alimentazione, di quello che è DAVVERO l’obesità fuori dagli articoli del cacchio dei giornali per donne, dei piccoli grandi passi verso il ritorno ad un corpo – se non bello – almeno umanoide. Poi ho aperto il blog a primavera, e i post sulla vita trascorsa hanno avuto e avranno un peso maggiore rispetto alle “piccole tappe”. Non vi annoierò con post sui traguardi raggiunti in termini di chili persi, anche perchè ad oggi, a quarantadue chili di distanza da “quel momento”, ha poco senso mettersi a rievocare.

 

Però il recupero del rapporto con un corpo è una parte importante della vita da single di ognuno di noi, e si, ci sarà un “salva te ipsum” da qualche parte. C’è sempre, da quando decido di uscire con una ragazza nonostante la diarrea, all’impegno che metto in palestra (e alla mialgia, fedele compagna di vita) alla frase tipica che mi dice chi sa quali ritmi di vita tengo da mesi e mi chiede se non mi sento stanco: “Riposerò quando sarò morto. Ora voglio vivere.”

Perchè il rapporto col corpo è da ricostruire. Io lo colmo di attenzioni,  ma lui fa quel che dico io quando ho bisogno che mi segua. E quando può non seguirmi, ha tutto il tempo per rilassarsi.

 

E anche quando altre mi fanno la gentilezza di trovarmi inadeguato, so che la strada per salvare me stesso è solo stata imboccata. E durerà una vita intera.