Differenze

Telefono. Whatsapp. Numero di una persona che non senti da un BEL po’.

“Ciao, volevo dirti che ieri è nato Pippo (*)”
“…?”
“Si. Io e lui stiamo bene”

Splendido. Ieri la mia ex ha figliato. Io ieri ho comprato un Apple Watch. Qualcosa non torna, e non parlo solo del fatto che quando stavamo insieme io di figli ne volevo e lei “neanche a parlarne, ho una carriera da seguire”.

Brevi pillole di depressione.

(*) nome ovviamente di fantasia per la tutela dell’infante.

Danza come se nessuno ti stesse guardando

E’ estate. Stagione di caldi, di vitalità e per chi come me ha la fortuna (o la condanna) di imbracciare spesso uno strumento è stagione di concerti.

Facendo musica disco (si, avete letto bene. Disco. Anni settanta. Sono antico nell’intimo, io!) si vedono scene di ogni genere dal mio punto di vista sul palco. Una metafora della vita.

Il musicista, che ti guarda in cagnesco con le braccia conserte e non ti stacca gli occhi di dosso. Capisci che è un tipo che suona il tuo medesimo strumento perchè annuisce o scuote la testa a seconda di quanto gli piace quel che fai. Ghigna quando fai le immancabili paperelle che due ore e mezza di concerto portano con sè. E’ tranquillo e sorridente e carico di sicumera per un motivo banale: sul palco ci sei tu. Non lui. Lui è comodamente seduto di fronte a una birra, perchè ballare GUAI. Alzi la mano chi non conosce tipi del genere.

Il cazzaro. Non gliene frega niente di cosa fai e di come. Lui o lei si mettono lì e fanno trenini, coinvolgono amici, fanno i balli di gruppo, si scatenano. Premono per ridurre al minimo i tempi morti perchè non vogliono uscire da quello stato mentale, vogliono che tu suoni in continuazione. E’ tranquillo e sorridente e carico di sicumera per un motivo banale: è circondato di persone che ridono di lui o con lui. Appena la pista si svuota un pochetto, si vergogna e sparisce. Torna appena può di nuovo fare branco. Alzi la mano chi non conosce tipi del genere.

Poi c’è lei. Concerto in uno splendido posto immerso nella pineta del parco naturale, pini secolari, freschetto, una pista da ballo enorme fin troppo grande che non riesce a superare la “massa critica” per far scatenare la gente. Qualche piccolo gruppetto di amici che si forma e ballicchia, qualche gruppo di bambini che gioca, e lei. Lei che si mette a inizio concerto e balla come se non ci fosse un domani, completamente da sola, senza guardarsi intorno, senza nemmeno curare i suoi movimenti. Gambe e braccia che si allontanano e si avvicinano dal corpo, spesso in modo sconnesso, talvolta perfino leggermente fuori tempo. Balla cinque, sei pezzi, si ferma a bere e riparte. Tutta la sera cosi’. Due ore di repertorio, e lei a ballare in questo modo disomogeneo, noncurante e squisitamente sincero. Una scena decisamente ipnotica.

“Balla come se nessuno ti stesse guardando”, recitano un sacco di odiosi cartelli da Facebook. Hanno ragione. Dovremmo vivere un po’ tutti come lei.

50 sfumature di donna

Sala prove. Ho un elemento nella band più unico che raro: il chitarrista timido. E’ qualche annetto che suono e ormai sono cosciente della presenza di alcuni denominatori comuni ai vari musicisti e so che i chitarristi sono chiassosi, vanesi, primedonne che se hanno un potenziometro del volume che va da uno a dieci si arrabbiano con le divinità perché non riescono a metterlo su undici.

Lui no. Lui guarda la chitarra, la guarda storta, guarda la pedaliera, la guarda storta, corruga la fronte, abbassa il volume dalla pedaliera, suona qualche nota, abbassa il volume dalla chitarra, fa una giravolta, la fa un’altra volta, poi abbassa il volume dell’ampli, e suona basso. Bassissimo. Con la non trascurabile conseguenza che a me tocca fare il polipo per riempire i vuoti che lascia.

“Ale, per favore, ti alzi?”
“No, ma vedi, c’ho una corda scordata poi non mi piace il suono e poi la ritmica non andava bene e poi…”
“Non ti sento, per favore, alzati! Sto facendo una fatica boia qui”

A darmi manforte interviene la cantante.

“Ale, non ti sento nemmeno io e ti ho accanto, alzati!”
“No, ma aspetta, devo sistemare i livelli dei pedali e poi controllare bene questo accordo e poi…”
“Oh, ma è possibile che il chitarrista che suona pianino pianino ce l’abbiamo solo noi?”
“Davvero!” – intervengo io – “E’ come avere una donna che sa parcheggiare!”

Si delineano da subito due sfumature di grigio:

-Sfumatura nr. 50 (grigio scuro scuro tendente al nero): cantante, ragazza sulla quarantina, sorridente, piaciona, corpo morbido, che posa il microfono, attraversa la stanza e mi salta al collo ridendo come una scema al grido di “sa30a, mi fai schiantare!”

– Sfumatura nr. 1 (bianco latte da assenza di humor): corista magra rifinita nutrizionista vegana di colorito grigio chiaro che mette il broncio, alza la voce, mette le Mani-A-Teiera™ (*) e alzando la voce fa “Ehi!!” guardandomi male per il resto delle prove (due ore).

Voi in quale sfumatura siete?

(*) Mani-A-Teiera™ è un presidio medico chirurgico. Assumere con costanza e ostinazione. Non associare a Penetril™ o CvnnusFelix™ in quanto ne mitigano gli effetti.

L’importante è essere contenti

LEI: “Perchè uffa, io vivo una vita difficile, è tutto una merda”
IO: “No, dai, hai anche delle grosse fortune”
“Tipo?”
“Ad esempio hai un ottimo lavoro, e una bella casa, nuova e grande, e non hai nemmeno dovuto pagarla”
“Ma quale nuova, ha quindici anni, e poi è grande ma non è mica una villa. La vorrei cambiare, e poi non va bene, c’è da farci dei lavori”
“Mah, senti, l’ho vista, a me pare molto bella, al massimo puoi fare il bagno, toh, e…”
“E poi la cucina non mi piace! Mi fa cacare!”
“…ah, non l’hai scelta tu?”
“Certo che l’ho scelta io! Ma mi fa cacare! Potessi gli darei fuoco!”
“Ma che ha che non va? è nuova… è bella…”
“Si ma è in stile rustico!”
“…e?”
“…e a me ora mi (sic!) garba lo stile moderno!”
“Tanto lo sai che appena la compri moderna la rivuoi rustica, si?”
“La casa è arredata in stile moderno ma starebbe meglio in stile rustico, ad esempio!”
“Sai una cosa?”
“cosa?”
“Sei un considerevole dito in culo!”

“A qualcuno piace!!”

Si. Ma a me no.

Coerenza prima di tutto

Io. Lei. Tralascio un po’ di pre- e anche tutto il post-.

Io: “Ehi. Ma sei tesissima, tremi come una foglia, è tutto a posto?”
Lei: “si, scusami, sono un po’ emozionata e forse un po’ impaurita”
“Stai tranquilla. Davvero. C’è un gesto, un qualcosa che ti tranquillizza?”
“Si. Gli abbracci”.
Mi muovo verso di lei.
“Però detesto essere toccata”
Mi muovo verso di me.

Fast forward a quando ho evidentemente deciso che stavo molto meglio senza di lei.

Lei: “ciao, come stai?”
Io: “Benone”
“Senti, mi dispiace essermi comportata da sciocca. Posso passare da te, che so, Giovedì a cena? Per farmi perdonare?”
“Giovedì ho le prove. Vieni mercoledì?”
“Ah no. Non esco mai nei giorni infrasettimanali”

Fast forward a data odierna.

Lei: “Ehi! Ciao! Verresti al compleanno di Alessio?”
Io: “Quando e dove?”
“Sabato sera a Firenze”
“Mi spiace. Son fuori tutto il weekend: parto venerdì pomeriggio e torno domenica in tarda serata”
“Prima o poi ci vedremo. Forse.”
“Forse.”
Segue faccina piangente e lamento.

Ma che hanno nella testa?

Teorema della Persistenza Comportamentale

Quanto era che non vi deliziavo con un teorema? Tanto. Lo so. Vi sono mancato.

Si enunzia – a seguito di riflessioni gentilmente offerte alla mia tutt’altro che augusta personcina – il seguente Teorema della Persistenza Comportamentale

Chi fa, rifà

applicando a codesto teorema le regole del cinismo si ottengono i seguenti corollari:

  1. Chi nasce tondo non muore quadrato
  2. A far bene agli asini si prendono solo calci

Inoltre, sia data la definizione del sostantivo femminile “Speranza”, così formulata

Speranza [spe-ràn-za) (s.f.): “attesa fiduciosa che si verifichi un futuro positivo”

e definendo Futuro come “elenco di accadimenti situati in avanti nel tempo”, possiamo dire

Speranza: “Attesa fiduciosa di accadimenti positivi in avanti nel tempo”

Purtuttavia, sappiamo che niente accade per caso: non esistendo il Caso si deduce quindi che ciò che accade avviene per diretta o  indiretta conseguenza delle azioni di qualcuno. Quindi possiamo riformulare la speranza come

Speranza: “Attesa fiduciosa che qualcuno faccia qualcosa di positivo in avanti nel tempo”.

Poichè per l’attesa della speranza di un accadimento positivo nel futuro implica giocoforza la sua assenza nel presente e in ossequio al principio di negazione che ci dice “chi fa, rifà implica che chi non fa non rifarà” possiamo quindi enunciare

Speranza: “Attesa fiduciosa che qualcuno faccia qualcosa che non ha mai fatto o che qualcuno smetta di fare qualcosa che sta attualmente facendo”

Applicando quindi il Teorema della Speranza Comportamentale, possiamo quindi dimostrare che la definizione stessa di speranza contrasta con detto teorema: è impossibile che chi fa non rifaccia e il suo inverso, quindi il proverbio

“La speranza è l’ultima a morire”

si dimostra fasullo in quanto la speranza è un insieme vuoto. Non è quindi vero che la speranza è l’ultima a morire: la speranza è nata morta.

Buon fine settimana a tutti!