Sveglia al femminile

Sono le cinque. Suona la sua sveglia. Il suo cellulare. Deve essere al lavoro presto, e lavora lontano. Lei apre l’occhietto, prende il cellulare, lo guarda con l’occhio misto tra il languido e la trota lessa di chi ha dormito troppe poche ore, e sospende la sveglia. Mugola qualcosa, e mi viene a cercare. Io provo a riaddormentarmi.

Dopo cinque minuti, la sveglia sospesa risuona. Lei mugola di nuovo qualcosa, si rigira, mi prende il braccio e si acciambella… ovviamente dopo aver sospeso la sveglia. In trenta secondi il suo respiro cambia, e si riaddormenta. Io provo senza troppa convinzione a riaddormentarmi.

Dopo altri cinque minuti, la sveglia sospesa RIsuona. Lei borbotta qualcosa, si rigira un pochino, si rilassa un po’ con gli occhi chiusi e risospende la sveglia prima di riaddormentarsi. Io guardo il soffitto, ormai m’è venuta la visione al buio come agli elfi.

Dopo altri cinque minuti la sveglia sospesa RIrisuona. Lei si acciambella, si struscia un po’ sul mio petto, sputa un pelo senza muovere neanche un muscolo e rilassa di nuovo il respiro come per riaddormentarsi.

Io levo il braccio da sotto, mi alzo, cerco il pigiama chè il riscaldamento è programmato alle 5.30 e alle 5.20 la casa è ancora freschina.

“Che fai?”
“Vado a prepararti la colazione…”
“Ma dai, tu che puoi dormire ancora un’ora, perchè non resti a letto?”

 

Sorrido. Già, perchè non resto al letto? e soprattutto, perchè ho questo ghigno stampato sul viso mentre preparo il caffè, sapendo che finirai sul mio blog?

Primo Natale…

…vi faccio un augurio sincero e semplice:

 

vi auguro un natale migliore del mio

 

perchè detta tra noi, tra sveglie al mattino presto, sfacchinate, pranzo con gli unici due parenti biologici rimasti – di cui una in piena demenza senile con deliri annessi e la simpatica bestiaccia nelle mie corde vocali che mi ricordava con insistenza la sua presenza, possi dire di aver passato un natale “in un intorno della merda”, per dirlo in matematica.

 

Su, su, che il prossimo sarà meglio. E’ dieci anni che dico cosi’, prima o poi mi daranno retta, no?

Tenzone poetica: l’incomunicabilità

Faccio seguito al pur sdegnoso e sussiegoso Valerio Di Stefano, che ivi (ove? colà) mi sfida a singolar tenzone su temi poetici, approfittando del fatto che egli è Abile Linguista™ mentre io, ahimè (ahimè? ahivoi) sono più che profano nel settore delle belle lettere, sapendo a malapena scrivere ventitrè con l’accento solo dopo numerosi scappellòtti dati con la rincorsa sulla nuca.

Mi è gioioso ribadire al suo componimento sulla comunicazione al femminile levando alti lai (nel senso più formale: sono alti tre stanze, nel caso) sul tema dei dialoghi uomo-donna. Tema coniugale, anzichenò.

Il tutto, ovviamente, è un gioco. Non ho la benchè minima pretesa, anche perchè a raffrontarmi al Di Stefano mi sento un po’ come Alvaro Vitali contro Mike Tyson.

Mi chiedi se ho capito

Mi chiedi se ho capito
ti guardo un po’ basito
vorrei già replicare
ma rieccoti a parlare
ancora pago pegno
al gran femineo sdegno
perchè io non son dòmo
o perchè sono uomo?

ci giri tutto intorno
parlando per mezz’ore
inquini ‘l mio bel mondo
con futili parole
non è che io son duro
nè voglio far la rima
per me il silenzio è puro
e afferro già alla prima.

durissimo cimento
lo starti ad ascoltare
m’ammazzi ‘l sentimento
non è meglio trombare?
e presto con fervore
avrai le tue ragioni
dolcissimo mio amore
hai rotto li coglioni!

sa30a

Io non ho paura

Io non ho paura
quando novello Serse
assalti le termopili
della residua mia virtù
spazzando via sprezzante
gli Opliti del Pudore

E non avrò paura
se l’animo tuo ardente
gabella per poesie
testicoli un po’ buffi
nobilitàti (e male!)
con l’uso dell'”a capo”

l’unico mio terrore
più del lampo e la tempesta
più del cielo che mi cade sulla testa
più della febbra che guasta il dì di festa
più del poeta privo di rime in -esta

il terrore di finire
nella categoria “pazze”
che lì, veramente,
mi girerebbero le ovaje.

sa30a