Due mesi assieme…

…no, ovviamente non sto parlando di donne. Difficilmente mi durano così tanto. Sto parlando della ricorrenza mensile tra me e il blog. Il solito, ennesimo post di metablogging su come va www.singleatrentanni.com.

Questo mese ha visto post leggeri e pesanti alternarsi, un po’ perchè avevo voglia di raccontare cose importanti su di me, un po’ perchè oggettivamente cose importanti sono capitate, e un po’ per farvi tirare il fiato con argomenti più ridanciani.

Ho ancora tante cose da dire prima di chiudere il libro, per cui non disperate… Aprile è stato un mese incostante, perchè ho dato una grossa spallata alla mia vita (vi racconterò, vi racconterò…) e del resto, come diceva il Maestro, “Aprile è il più crudele dei mesi”. Ha ragione, ‘sta primavera arriva e smuove un po’ di tutto.

Due numerelli… www.singleatrentanni.com questo mese ha fatto qualcosa come 5500 pagine viste e quasi 2000 visite uniche. Cacchio se son tante! Per un blog al secondo mese è oggettivamente un bel risultato, a cui vanno aggiunti tutti gli utenti che mi seguono tramite feed (e sono due, se non ricordo male). Ho ancora fame di lettori e commentatori, ma sono felice che quelli che ci sono siano… assidui.

Ragion per cui, ancora, grazie. Grazie delle vostre visite, grazie dei vostri commenti, grazie del vostro affetto. E grazie di ogni volta in cui mi aiuterete a promuovere il sito con link, passaparola, commenti, quel che volete.

Finite le premesse, ecco l’unica parte che veramente vi interessa di questo post: i Premi Mensili!

Premio “Marco Masini” alla chiave di ricerca “chissà poi perchè ad essere felici ci si sente sempre un pò in colpa”. Parlate per voi: io quando mi sento felice (e talvolta capita, eh!) non mi sento in colpa con nessuno!

Premio “Buon per te” alla chiave di ricerca “18 anni e non penso alle ragazze”. Invidia, ragazzo, tanta invidia. Se fossi omosessuale sarei molto più sereno, probabilmente. Invece a 18 anni avevo degli ormoni alti come degli Schnauzer Riesenschnauzer.

Premio “Parafilie” alla chiave di ricerca “Cerco donna con figlio che vuole convivere”. Com’è, se non ha un figlio maschio non ti ecciti? me la spieghi?

Premio “Doppia Soluzione” alla chiave di ricerca “Come evitare l’astio con una persona che ti ha fatto male”. Facile ragazzo. Con una coppa vuota. O con un grande martello. Il martello funziona, sulla coppa vuota sto ancora indagando.

Premio “Parafilie Multiple” alla chiave di ricerca “Devi farti la mamma e me”. Ohimè. Devo accoppiarmi anche con un’ultrasessantenne?

Premio “Eeeeeeh? Puppa!” alla chiave di ricerca “frase su qunado cerchi qualcosa, xkè nn trovi? (sic!)”. Chi me la spiega vince un invito a cena. Beate nuove generazioni…

Premio “Bentornata” alla chiave di ricerca “ho fatto l,amore con uno e adesso non mi guarda +”. Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più? Ad ogni modo consolati, ragazza: è successo anche a me. Evidentemente a letto facciamo cagare in due, non te soltanto.

Premio “buona questa” alla chiave di ricerca “la mia ex si sente in colpa per avermi fatto soffrire”. Sbagliato. Non gliene importa un fico secco. Sta solo salvando le apparenze perchè potrebbe aver bisogno di te in un secondo momento, se si preoccupasse di non farti soffrire non sarebbe la tua ex. Se poi a te fa piacere credere a queste panzane…

Premio “viva l’ovvio” alla chiave di ricerca “rima con è bello e carino come un bambino”. Valerio, suggerisci qualcosa tu al novello Carducci?

 

That’s all folks. A presto, per un altro mese insieme!!

 

sa30a

Lao Tzu e la Coppa Vuota d’Oriente

Il cielo è eterno, e la terra dura a lungo
e quale è il segreto della loro persistenza?
Non è forse perchè non vivono per loro stessi
che persistono così a lungo?

Per questo il saggio sceglie di essere l’ultimo
e nell’essere ultimo, si pone alla guida di sè
Sceglie di negare sè stesso
e nel negare si afferma
Nell’abbandonare sè stesso
trova il suo scopo ultimo

 

What if: esempio concreto

Con l’occasione di questo post – scusate la latitanza, poi vi spiegherò donde proviene – vi introduco una figura che in questi mesi mi ha tenuto parecchio compagnia: il mio collega. Avvertenza: il post tocca lati un po’ suini, quindi se siete facili allo scandalo… passate oltre :)

Trattasi di bella persona: ragazzo intelligente, di buona cultura, sensibile, un gran professionista. Questa premessa perchè proprio l’adoro, ha il suo carattere e alle volte non ci troviamo, ma ha tante buone qualità e volergli bene è facile. Purtuttavia, lui è veramente l’antitesi della mia vita.

Ha conosciuto la sua prima donna a 18 anni (lei ne aveva 16) e se l’è sposata. Vive in uno splendido casolare in collina, con i suoi campi di grano, le viti, gli olivi, un cane, un gatto, due splendide bambine e la moglie da quasi venti anni. Insomma, avete presente la famiglia del Mulino Bianco? una cosa del genere, ecco. Un inno al romanticismo.

Solo che la mia vita è stata un filino-ino-ino diversa, ecco.  E lui lo sa. Sapendolo, prova un fascino quasi morboso nei confronti della mia vita, delle mie esperienze, salvo poi rifugiarsi – giustamente – nel tepore familiare ogni sera. Ed essendo un ragazzo intelligente ha anche guizzi, idee, pensieri tipici di chi vuol far fare esperienze alla propria intelligenza, salvo muoversi nei rigidi limiti di un matrimonio con una moglie dal carattere molto forte.

 

Insomma insomma, qualche tempo fa girottolando per i corridoi dell’azienda ci troviamo a parlare con una collega. Non bellissima, ma vivace, occhio vispo, quel certo qual quid che ti fa capire che la ragazza è… di spirito. Al che lui sapendolo inizia a punzecchiarmi un po’.

“Eddai, tu che sei solo, perchè non la corteggi? secondo me c’è anche margine…”

“Dai, cosa sto a fare, è sposata con un bambino… mi lascia il tempo che mi trova una cosa del genere!”

“Si, ma l’hai visto che tipo è, no? secondo me quella ti massacra!”

“Massacrarmi? no, non credo. La vedo più tipo da manate sul culo, non so se mi spiego”.

al menzionare le “manate sul culo”, lui si ferma. Si blocca proprio: mascella ferma, sguardo vitreo, dieci secondi di pausa.

“Come manate sul culo? intendi… prima, dopo o durante?”

“Bah, secondo me più durante che prima. Prima non è da tutte, durante invece ogni tanto scappa… dopo invece sono molto rare.”

“No, dai, non è possibile, non possono esistere donne del genere! Se faccio una cosa del genere a mia moglie, prima dopo o durante, mi fa saltare tre denti a furia di cazzotti!”

 

Mi sono trovato a sorridere, mio malgrado. E’ vero: un matrimonio felice, la famiglia del mulino bianco, tutto quel che volete ma… si è rinchiuso in una stanza, e quella stanza ha pareti che hanno un nome e cognome. E lui guarda volentieri dalla finestra, ma ha paura, come la caverna di Socrate, vede solo delle ombre che lo incuriosiscono.

Ragion per cui io so che esistono donne che apprezzano una manata sul culo ogni tanto, e lui ha casolare, moglie, figlie, campi, viti, olivi, cane, gatto. Non so se sentirmi guappo o immensamente coglione, ecco. Alla faccia del “what if”…

 

P.S. sto avendo bizze con degli spammer professionisti. Mi fate sapere se avete problemi a commentare? ho stretto un po’ la cinghia…

“What if”

Faccio seguito a un post del mai troppo osannato Attila, per concedermi una piccola divagazione nel passato. Per chi non conosce il mondo dei fumetti (e io sono tra questi, solo che conosco un sacco di appassionati fumettari) i “what if” sono delle serie di fumetti “alternative” in cui si prova a fantasticare cosa sarebbe stata la trama se fosse successo qualcosa di alternativo rispetto a ciò che è effettivamente accaduto nella fiction. Per chi invece non seguisse il mondo dei fumetti, posso dar sfoggio della mia vanagloria culturare proponendo un altro esempio di “what if”: un romanzo dedicato a cosa sarebbe stata l’Italia se il fascismo non fosse caduto e non avessimo perso la seconda guerra mondiale.

Chiusa la necessaria premessa… a voi è mai capitato di pensare a cosa sareste stati se nella vita alcune cose fossero state diverse?

Attila parla del coniglio che ti trascina fuori dalla camera prima che ti ci cada il motore d’aereo dentro (con arguto riferimento al film Donnie Darko), e in effetti i “what if” sono esattamente questo. Valvole di salvezza, opportunità per fare degli excursus e delle fantasie quando la vita ti àncora alla realtà in modo troppo brutale. Soprattutto, sono modi per fantasticare in un mondo privo di errori personali, di cose che in realtà non hanno funzionato, di senno di poi. Sono anche un modo per rassicurarsi su le nostre potenzialità, per rifare un controllo – nei nostri sogni a mente libera – di tutto ciò che siamo o saremmo stati in grado di fare e per un motivo o l’altro abbiamo scelto di non fare.

Con un unico, inquietante parallelismo: in donnie darko, alla fine della fiera, il motore d’aereo sulla testa cade davvero.  Coniglietto o non coniglietto, non c’è storia che tenga e la realtà vince sempre. Anche se Donnie Darko ride quando cade quel motore, e ride perchè almeno ha avuto di che ridere. Il che non è per niente poco.

Cosa sarebbe stato di me se fossi stato ancora con Alpha? un marito felice o una parodia bipede di un cesto di lumache?

E se fossi restato ancora con Beta? un padre separato alle prese con un assegno di mantenimento più grande di lui, o un uomo felicemente sistemato in un mondo placido e tranquillo?

E se fossi restato nell’esercito?

E se…? e se…?

Ma soprattutto, sarei quello che sono, se non avessi fatto tutte le esperienze – spesso negative – che ho fatto? si dice che un uomo è la somma delle proprie esperienze e dei propri errori. Sarei stato felice comunque, avendo meno spessore, e meno cartilagine attorno al cuore? è vero, come dicono gli inglesi, che ignorance is bliss, l’ignoranza è un bene?

Cosa ne pensate, miei ventitrè lettori?

Salva Te Ipsum

Ed ecco il post pesante, ma pesante davvero, che ho in canna da un po’.

Non tutti sanno che quando gamma ha perso la gradevole decisione di tornare a fare la coinquilina, io non è che l’ho presa precisamente bene. Anzi, non l’ho presa affatto bene. Fuor di metafora: l’ho presa malissimo.

Il rapporto tra me e lei andava male, male già da un po’, e non riuscivo a risistemarlo. Nel tentare di risistemarlo, o forse per annegare la disperazione, o chissà se per recuperare un rapporto con una qualche forza erotica (intesa, come vedrete, in senso lato) mi ero buttato sul cibo. E io, che magro ero giustappunto quando ero ragazzo o quando facevo agonismo, sono ingrassato ancora di più.

Aggiungiamo che nei primi giorni “post coinquilina”, in cui cercavo ancora di più di capire – e forse di recuperare – lei se ne esce con la mirabile frase “del resto cosa vuoi, sei anche un ciccione schifoso”. E li’ arriva il colpo basso, la baionettata diretta al cuore. Il cuore era in frantumi, la mia autostima va in frantumi, io vado in frantumi. La razionalità tenta di salvare il salvabile, ricordandomi “ehi, quando l’hai conosciuta eri solo quindici chili in meno”, e fallisce miseramente.

E a quel punto smetto di mangiare. Completamente. Tre settimane di digiuno quasi completo, se si eccettua l’acqua, e qualche caffè macchiato che per fortuna sta al suo posto invece di lottare prepotentemente per riuscire dal mio corpo come tutti gli altri cibi che provo – beata razionalità – a farci entrare. Nel frattempo provo ad andare in palestra, avevo qualche ingresso ancora da sfuttare.

E in quelle settimane avviene un po’ di patatrac: in palestra svenimenti continui (con l’istruttore son diventato amico, dalle volte che mi ha ritirato su), sul lavoro mi addormentavo a metà giornata… e fin lì ci si può stare, conosco la razionalità del non mangiare e so quali sono i sintomi. Finchè non iniziano i sintomi seri, iniziano i mancamenti, inizia a bloccarsi prima l’intestino, poi i reni. Inizio a spaventarmi, ma spaventarmi davvero. Sapevo che un altro po’ di questa solfa sarebbero arrivati danni seri.

E lì avviene il piccolo miracolo, riesco piano piano a trattenere qualcosa, una fetta di prosciutto, un fico, un pezzo di pane… e piano piano il mio corpo salva sè stesso, perchè io, in tutta franchezza, non ne avevo le forze e l’avrei lasciato andare.

Da tutta la vicenda capisco a mente (relativamente) lucida una cosa importante: che il rapporto col mio corpo era perso, e assieme a lui una parte di me. Capisco che tutte le volte che mi dicevo “si, ok, sono ingrassato ma sono sempre la stessa persona, dentro” stavo mentendo a me stesso, prima che agli altri. Capisco che c’è un rapporto da recuperare, una nuova confidenza da ricostruire, tanta, TANTA strada da fare.

 

Quando mi folgorò l’idea di www.singleatrentanni.com, quest’estate, c’era il pensiero di una categoria “salva te ipsum”: salva te stesso, come il mio corpo ha fatto di sua sponte, come un album fotografico su facebook che porta con sè le tappe di un rapporto da riallacciare. Volevo parlare di peso, di disturbi dell’alimentazione, di quello che è DAVVERO l’obesità fuori dagli articoli del cacchio dei giornali per donne, dei piccoli grandi passi verso il ritorno ad un corpo – se non bello – almeno umanoide. Poi ho aperto il blog a primavera, e i post sulla vita trascorsa hanno avuto e avranno un peso maggiore rispetto alle “piccole tappe”. Non vi annoierò con post sui traguardi raggiunti in termini di chili persi, anche perchè ad oggi, a quarantadue chili di distanza da “quel momento”, ha poco senso mettersi a rievocare.

 

Però il recupero del rapporto con un corpo è una parte importante della vita da single di ognuno di noi, e si, ci sarà un “salva te ipsum” da qualche parte. C’è sempre, da quando decido di uscire con una ragazza nonostante la diarrea, all’impegno che metto in palestra (e alla mialgia, fedele compagna di vita) alla frase tipica che mi dice chi sa quali ritmi di vita tengo da mesi e mi chiede se non mi sento stanco: “Riposerò quando sarò morto. Ora voglio vivere.”

Perchè il rapporto col corpo è da ricostruire. Io lo colmo di attenzioni,  ma lui fa quel che dico io quando ho bisogno che mi segua. E quando può non seguirmi, ha tutto il tempo per rilassarsi.

 

E anche quando altre mi fanno la gentilezza di trovarmi inadeguato, so che la strada per salvare me stesso è solo stata imboccata. E durerà una vita intera.

Teorema dell’uguaglianza tra raffreddore e corna

Si dimostra sperimentalmente l’eguaglianza semantica biunivoca (o “bigettiva”, se volete fare i formaloni) tra raffreddore e corna, in quanto:

  • Il raffreddore è come le corna: colpisce il 90% della popolazione, di entrambi i sessi, almeno una volta nella vita;
  • Le corna sono come il raffreddore: quando ce le hai non c’è cura se non il caldo di un letto. E il fastidio passa col tempo.
  • Il raffreddore è come le corna: ti accorgi di averlo solo quando ti dicono “uh, ma sei raffreddato?” nonostante tu tirassi su col naso già da tre giorni;
  • le corna sono come il raffreddore: a meno di gravi immunodeficienze, non hanno mai ammazzato nessuno;
  • il raffreddore è come le corna: puoi coprirti quanto vuoi, ma se trovi un virus particolarmente zoccola ti viene, punto e basta;
  • Le corna sono come il raffreddore: l’unico modo per evitarle è stare ventiquattr’ore al giorno chiuso in casa in un ambiente non contaminato da agenti patogeni esterni;
  • il raffreddore è come le corna: quando ce l’hai avuto passa un po’ prima che tu ti tolga quei dieci maglioni che ti sono soltanto d’impiccio quando vuoi muoverti…
  • le corna sono come il raffreddore: si, sai bene che possono capitare, sai che magari non hai neanche colpa, ma quando ti vengono ti vorticano le gonadi lo stesso;
  • il raffreddore è come le corna: si contrae molto più facilmente se il vostro partner frequenta posti affollati e ad alto tasso di ormoni liberi, come discoteche, pub o happy hour.

Dite la verità: state tirando su col naso anche voi, vero? :)

Dall’altro lato della barricata

…ebbene si, alle volte stare dall’altro lato della barricata tocca anche a me. L’altro lato, quello dei cosiddetti “forti” che talvolta forti non sono, quelli che si trovano a comunicare che una storia è finita ad una persona che in quel momento non se lo vorrebbe sentir dire.

Di lei non vi avevo ancora parlato. Quarantuno anni (si, circa otto più di me), conosciuta in autunno. Di quelle persone che, come direbbe Manta, “apprezzi in modo irrazionale”. Mi colpì un particolare, il suo viso che cambiava dal giorno alla notte quando rideva, la sua apparente ritrosia, le sue poche parole, e iniziai a corteggiarla. Delicatamente, perchè non ho altri metodi.

“Capitolò” una notte di Dicembre, dopo una melina che doveva darmi da pensare (presente quando dici “lasciami il tuo numero che ci prendiamo una cioccolata insieme” e ti rispondono “no”, dopodichè ti cercano il giorno dopo? ecco, una strategia del genere) e ci siamo frequentati per tutto gennaio e un pezzo di febbraio. Una frequentazione in calando: un fuoco di paglia all’inizio, e un mio graduale raffreddamento mano mano che andavo avanti. Perchè?

Perchè la gentile, vuoi per paura, vuoi per imporre una distanza, vuoi per carattere è partita… “lenta”. Nelle prime fasi, quelle in cui ci si scopre vicini, mi sorbivo frasi meravigliose, del tipo “Ah, parliamoci chiaro: io scopo con chi mi pare, e tu pure” (mi ero appena svegliato nel suo letto: buongiorno, singleatrentanni!), oppure di fronte ai suoi amici “vi presento singleatrentanni, è un amico!” (ma ero nel tuo letto fino a mezz’ora fa? amico?!?), financo un “ma se la tua collega è carina, perchè non te la porti a letto?” (oh, se vuoi le corna, dimmelo: sono gratis). Il mio atteggiamento? coerente con il mio modus vivendi: prendo quel che arriva, e vivo in scioltezza.

Fatto sta che quando avevo la forza per costruire non ho costruito niente, e quando la vita mi ha portato lontano per altri percorsi, mi sono scoperto a guardarmi indietro e a vedere che lei, semplicemente, non c’era più. Oltretutto l'”idillio” iniziale, se tale si può chiamare, è stato stemperato da due cervelli che molto semplicemente non si sono trovati. All’inizio ci puoi sorridere, ma dopo un po’ rispiegare le battute due volte perchè ti dice “non capisco” oppure trovarsi a riformulare le frasi perchè “parlo complicato” inizia a stancare.

Vedi, Manta, quando ti dico “l’irrazionale è una bella partenza, ma il cervello deve seguire a ruota”, cosa intendo?

La storia quindi è morta di morte naturale, io preso dai miei impegni, lei che più di un “se hai bisogno ci sono, voglio starti vicina” non sapeva andare, e ci siamo separati così, in modo placido e graduale. Fatto sta però che lei era ancora lì ad aspettare, e la vita in fasi molto recenti mi ha fatto la gentilezza di ricordarmi che se una storia finisce, è un gesto carino e rispettoso spiegare il perchè, proprio perchè – come ebbi già a ridire – “i vaffanculo tirati con la fionda mi danno uggia”. E quindi raccatta il coraggio a due mani, alza la cornetta e chiama. Appuntamento per un mercoledì sera di tempo primaverile. Glielo devo: lei è buona, gentile e soprattutto non mi ha mai fatto niente di male.

Già si inizia male: mi ero vestito, se non elegante, perlomeno curato (lo ritenevo, e lo ritengo tutt’ora, un atto di carineria e rispetto) e le prime cose che mi sono sentito dire tolta la giacca è stato “oè, ma come ti sei vestito, ma che devi andare, a un matrimonio?”. Abbozzo e passo oltre.

Spiegare ad una donna che non provi più niente per lei è uno strazio. Spiegarlo alla stessa donna e dover riformulare le frasi due volte perchè stai usando termini “difficili” o proposizioni arzigogolate è un vero e proprio tormento. Per me, prima ancora che per lei, che almeno mi ha fatto la gentilezza (e le deve essere costata cara, poverina) di ricacciare le lacrime indietro (solo in un paio di momenti ha ceduto) e mantenere una postura dignitosa quando le spiegavo quello che ho scritto a voi poco sopra. Che era finita, ed è finita perchè non ci siamo trovati, perchè andavamo con due ritmi differenti. Perchè forse il giochino dell”in amor vince chi fugge” non funziona, o perlomeno, non funziona con me. Se una persona mi allontana, mi ha allontanato.

Passo quasi indenne – con gli occhi solo un po’ umidi – a spiegarle il lato sentimentale della cosa, come e perchè è nato, e come e perchè è finito. Passo indenne anche attraverso il lato fisico, del come non può continuare nemmeno quello, perchè sarebbe una illusione per lei e un mero esercizio di stile. Sbuffo solo impercettibilmente a rispiegare quell”esercizio di stile” (“no, non ho capito”), cioè, voglio dire, sarebbe soltanto una cosa fisica, mi spiego? (“no, che intendi dire?”), insomma, a letto con te non ci vengo più perchè non mi va (“aaah, e potevi dirlo subito, no?”). Va tutto bene, respingo anche le classiche “frecciate da fine storia” (“ecco, tu venivi da me perchè stavi male a casa tua”, si, certo, ti ho corteggiata un mese e mezzo, continua pure a pensare ‘ste bojate), resisto a tutto e chiudo con un sospiro di sollievo.

 

Fino a che, all’una di notte, riaccompagnandola alla macchina, non se ne esce con un

“Ma allora tutto questo vuol dire che non mi vuoi vedere più?”

Ma benedetta ragazza, è TRE ORE CHE PROVO A SPIEGARTELO!

 

Diciamo che se mi fossero rimasti dei dubbi, ecco, me li avrebbe tolti. E mi dispiace, perchè è una donna sinceramente buona, ma proprio no. Mi addormenterei.