Donne con figli

Ok signori, proviamo a chiudere un primo cerchio sul tema “donne con figli”. Avviso alla clientela: il post è lungo e pesante.

Iniziamo a chiuderlo facendo una considerazione di pura statistica e pragmatica: arrivati alla mia età, o mi metto a caccia di ragazzine o mi metto a caccia di donne della mia età (o più grandi). Per motivi tendenti all’ovvio diciamo che non ho molto interesse nelle ventenni (le quali cordialmente ricambiano, peraltro).

Facciamo un istogramma delle donne della mia età (o superiore) rimaste single, quindi potenziali target per un giocoso single sui trent’anni?

  • Donne separate (o comunque mai state sposate) con prole (60%)
  • Single perenni “mai avuto storie” e /o piuttosto problematiche (leggasi “nuove da rinnovare” a 40 anni. No, non scherzo) (39,5%)
  • Single nella mia situazione, ossia lasciate o lasciatesi dopo storia lunga, con voglia di vivere, godersi il mondo e fare una famiglia, insomma, gente come me (0,5%)

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il figlio è mio e ci giochi tu!

Questa è vecchia di qualche tempo, ve la racconto perchè poi vorrei provare a chiudere un primo cercho assieme a voi sull’argomento e vedere di tirare qualche conclusione interessante… e perchè no, riuscire a ripartire e a rielaborare ulteriormente i concetti.

Ritorniamo indietro a quest’autunno. Conosco una ragazza, coetanea, con un figlio che oscilla intorno ai 5 anni. Epicentro della sua vita: suo figlio, come è giusto che sia per una madre per carità… ma forse un filino troppo.

Ad ogni modo lei attacca con la storia del “povero bimbo” che il padre lo trascura, non ci gioca, e avrebbe bisogno di un uomo (il bimbo, ovviamente: lei no, gioca a far la superdonna), e via dicendo. Da figlio di separati cresciuto senza una figura paterna di riferimento sono molto sensibile a queste argomentazioni, e inizio a guardare il nano con occhi un po’ più attenti. Scopro un bimbo difficile, che richiede continuamente attenzioni, ha istinti “distruttivi” (per dire, ti rovescia il tabellone della tombola se non vince) ed è financo un po’ manesco coi compagni… e un bimbo, poverino, che non è ‘sta gran cima, ecco. Ci credo io: la madre non ci gioca, il padre neppure, i bambini se non ci giochi restano stupidi. E’ fisiologico.

Il bimbo aveva bisogno di un gioco maschile, di confrontarsi, di vincere e di perdere (cosa che non sa fare: è viziatissimo), ed eccomi li’ a giocarci, con qualche lacrimone di troppo da parte mia prontamente ricacciato indietro :) gioco un po’, poi la palla, poi il palloncino, poi ‘sto bimbo va in un’altra stanza e nel passarmi accanto mi tira una manata nei maroni.

Avete letto bene. Manata nei maroni, gratuita. Così, per fare.

Con una voce un filino più stridula del solito faccio presente a ‘sto bimbo che non si picchiano gli altri, e men che meno li’, e…

…e arriva la madre, da due stanze più in là, e si affaccia riprendendo ME: “ohè, il figlio è mio e lo sgrido io”.

 

E allora ci giochi anche. Io il punchingball col mio apparato genitale – già duramente martoriato dalla vita – non glielo faccio fare.

Teorema “s.” sulla Maturità Differenziata

Vi dedico un post leggero, visto che ultimanente ci siamo andati giù “pesanti” e sento il bisogno di tirare un po’ il fiato.

Questo teorema è nato dalla discussione con una persona che mi è stata decisamente cara, ormai qualche annetto fa. Una femminista straconvinta, anzi, più che femminista antimaschilista, dotata di una lingua al vetriolo e un cervello di prim’ordine. Solo che lei ha teorizzato la prima metà del teorema, e mi ha trovato in modalità “caustica”, per cui ho aggiunto al volo la seconda. “s.” è un modo di chiamarla che sa e capisce soltanto lei, così, per fare il criptico. Tanto non mi legge qui.

Teorema della Maturità Differenziata

Sia X un individuo della razza umana. Si dimostra che se sesso(X) = M, X è maturo se e solo se vale l’asserto “X sa che ce l’hanno anche tutte le altre“. Se sesso(X) = F, X è matura se e solo se vale l’asserto “X sa che non ce l’ha soltanto lei“.

Al solito, le applicazioni sulla singletudine sono lasciate per esercizio allo studente. Confido che capiate al volo di cosa si parla, quando si dice “ce l’hanno anche le altre / non ce l’ha soltanto lei”. Sennò riparto dalle api e dai fiorellini.

 

E buon weekend. Comunicazione di servizio: ho internet a casa che fa le bizze. Niente facebook, poche mail, meno aggiornamenti qui.

Mi hanno fatto male / epilogo

Se nella vita commetto azzardi e mi va male, sarà la Vita stessa ad aiutarmi, punendomi. Ma se non commetto azione alcuna, chi mai mi aiuterà?

Questo era il mio status su facebook prima di ricevere un certo qual messaggio, e devo dire che sono stato profetico. Oppure “intuitivo”, come ha avuto modo di dire la pulzella oggetto degli ultimi tre post.

E’ giunto il momento di tirare il fiato e fare due riflessioni, a mente fredda. Nel mondo  dei sommergibili nucleari militari, la prima cosa che il comandante chiede quando succede qualcosa di spiacevole al mezzo navale è lo stato del reattore. Questo perchè dal reattore nucleare dipende tutto, specialmente la cosa più importante per un sommergibile, che è la capacità di tornare a galla.

Bene, la sala macchine riporta zero danni. Il cuore – reattore è felicemente inscatolato nella sua gabbia toracica, non è stato sfiorato (poggiarmi le mani sul petto non basta, no) e non ha riportato danni di sorta. Non solo è intatto, ma è migliore, ha imparato cose nuove. Forse un filino ispessito, ma per le analisi di dettaglio aspettiamo ancora un po’.

Ha imparato che dando senza chiedere non ti poni in una condizione di inferiorità, ma esprimi al massimo la tua forza. Dando tutto quel che hai al momento, senza limiti, senza misure, senza dietrologie come una vera coppa vuota sei… libero. Forte. Paradossalmente meno vulnerabile, perchè nessuno può sottrarti quel che non hai, neanche con gesti cattivi come quello che mi è stato fatto. Proprio perchè per me non ho mai trattenuto niente.

Ho imparato che nella mia vita c’è una persona bella che dice cose sagge: “Se sono a posto con la mia coscienza perchè ho fatto tutto quello che potevo fare, non soffro per la fine di una storia”. Un conto è sentirselo dire, un conto è rendersi conto di averlo fatto proprio e averlo vissuto. Le verità sono un regalo immenso, specie quando le assimili. Grazie, ragazzina. E io che ero venuto per un karkadè…

Sapevo già che nella vita esistono donne che fingono interesse. E sono tante. Esistono donne che fingono l’orgasmo. E sono troppe. Ma una donna che finge la felicità? mai vista. Perchè doveva esser finta, altrimenti al netto di un autolesionismo profondo non scappi da una situazione che ti rende felice. Tutte a me le perle rare, eh? :)

Ho imparato che i rapporti che crei senza aspettative sono rapporti sani. Sono sani quando li vivi e sono sani quando finiscono. Se avessi avuto aspettative per tutto quello che ho fatto per lei adesso starei piangendo sangue, invece sono sereno. Altra lezione metabolizzata: dare per dare, mai per ricevere. Sempre, e comunque.

Ho imparato che nel ventunesimo secolo esistono madri di famiglia assoltuamente non in grado di portare rispetto, di parlare di sentimenti ed emozioni, di comportarsi in modo diverso da una quindicenne ai primi amori. Ho imparato che non bisogna dare niente per scontato neanche guardando età, stato di famiglia e dimensione della cervice uterina. Bisogna sempre guardare tutti con occhi nuovi, per far si’ che molte non paghino le colpe di poche.

Ho imparato che sono più forte di quanto pensassi. E il tutto perchè ho imparato ad essere passivo. Quando lei mi diceva “guarda che ti farò male” e le rispondevo sereno “non ti preoccupare di me. Tu non puoi farmi niente di male, davvero” adesso so che quella consapevolezza non è figlia di una costruzione filosofica a tavolino, ma è metabolisi profonda di un nuovo modo di vivere la vita.

Ho imparato che ho fatto un bel lavoro su di me, e che situazioni che in un momento di debolezza maggiore mi avrebbero fatto a pezzi invece mi lasciano più perplesso – o arrabbiato – che non dolorante.

 

Intendiamoci, a mente serena, passato lo shock dell’inatteso, cosa ho perso? una ragazza che emotivamente è ancora una bambina. E mi spiace tanto per lei, per la strada che ancora deve fare, e che per come sta rigirando la sua vita non farà.

Ma io non sono un crocerossino. Sono un uomo, solo un uomo. Nihil aliud.

Cosa mi hanno fatto? male? NO. Non mi hanno fatto male. Mi hanno sorpreso, si, hanno provato a tagliare, si, hanno tolto la terra da sotto ma non mi hanno fatto male perchè ero leggero. Il mio patrimonio emotivo è lo stesso di prima. Il mio rapporto con me stesso è lo stesso di prima. Mangio come prima. Non mi sono neanche buttato sulla cioccolata! Sono come prima, se non migliore.

Mi hanno fatto male? NO. E io andrò avanti, come e più di prima, fino al giorno in cui chiuderò il libro davvero.

Mi hanno fatto male / 2

L’avrei sentita due giorni dopo. Due giorni dopo in cui mi si ringraziava per la serata e mi si chiedeva cosa avrei fatto sabato. Immaginate la mia faccia (ribadisco, per me era un episodio chiuso), e figuratevi un dialogo fatto più o meno come quello sottostante:

Martedì: “Ciao, ma hai programmi per sabato? ti vedrei volentieri! ti do’ la conferma tra qualche giorno…”

eeeeh? c’è vita su marte?

Giovedì: “Si, sabato ci sono! Che ne dici se mangiamo qualcosa assieme, una cosa rapida, e poi andiamo a vederci qualcosa, magari uno spettacolo a teatro?”

c’è vita su marte ed è vita intelligente?!?

Ergo Sabato cerco un posto dove mangiare una cosa semplice, trovo una splendida rilettura di Dante musicata con la chitarra classica e… “si, però viene anche una mia amica, che ne dici se andiamo al cinema?”

ok, è vita troppo intelligente…

Quindi rimetto l’anima in pace, mando a quel paese Dante e me ne vado al cinema con lei e l’amica a vedere “Alice in Wonderland”. Chiudo la serata sogghignando, e filo dal mio gruppo di amici/amiche a ridere assieme a loro di come sia possibile che una donna dopo una cena assieme ti invita fuori il sabato sera e all’ultimo aggiunge l’amica. Insomma, un nuovo articolo nella categoria “Pazze”, ecco, articolo che mi sarei ripromesso di scrivere a giorni.

Sembra finita, vero? No. Non è finita, perchè la gentile torna alla carica, e mi invita a passare una domenica pomeriggio con lei. Stavolta, senza l’amica. E stavolta, complice il romanticismo di un piccolo paesino della Toscana, complice il fatto che mi si è praticamente spalmata addosso, “succede”.

E rotti gli argini e rotta la paura finisce che ci iniziamo a frequentare per un po’. Poche serate insieme, poche occasioni di intimità, ma nel dare senza chiedere mi scopro forte più di quello che pensassi, e nonostante i suoi “tu sei un pazzo, io ti farò male” mi vedo allo specchio e trovo una persona serena.

Tralascerò dettagli e piccoli aneddoti, ma lei è felice e si premura di farmelo notare, anche in modo esplicito. Si attacca, inizia a sbilanciarsi con qualche frase ad effetto, e io commetto un errore: chiudo gli occhi un attimo.

Venerdì sera la vedo. Fino a lunedì pomeriggio mi tempesta di messaggini. Da lunedì pomeriggio sparisce. Ieri sera arriva messaggio su facebook: “Sei <lunga_serie_di_complimenti>, ma io non ti voglio vedere più. Non sei tu. Sono io. Mi dispiace.”

Non l’ho più sentita – e ovviamente non le ho risposto, cosa rispondo a fare ad una persona che ti comunica una decisione? le dico zi bwana? – e salvo un messaggino da quindicenne ricevuto stamani alle sette del mattino (“Come stai? mi dispiace, ti mando un abbraccio”) non l’ho neanche più letta.

sic transit gloria mundi. L’epilogo e la lezione appresa in un post a parte.

Mi hanno fatto male / 1

Scusatemi questa serie di post, ma ho bisogno di catarsi e questo blog è il posto migliore dove trovarla. L’unico, anzichenò.

Quello che segue è un racconto in più parti di un timido tentativo di riprovarci , tentativo di cui non vi ho mai raccontato perchè è sempre stato un work in progress. Almeno fino a stasera. Ora è nella categoria dei job done.

E’ tutto partito in modo strano, singolare. La conosco da anni, fa parte della “cerchia allargata” dei miei amici, l’ho vista a qualche cena. Lei col marito (tenuta al guinzaglio corto, e si notava) io con la moglie. Due chiacchiere, qualche battuta, nulla di più.

Ci ritroviamo in tempi recenti sull’amato-odiato facebook. Io separato: lei pure. Due chiacchiere in chat, l’unica volta che ci siamo incontrati, una battuta, un “via, ti inviterò a cena” e lei “perchè no”. Coetanea, un figlio di dieci, una laurea, un lavoro, una conversazione piacevole e la scoperta di una persona diversa da quella che avevo visto al guinzaglio del marito.

Sono una coppa vuota, ricordate? finisco col suo numero di telefono, che userò dopo qualche settimana. L’idea mia? un esercizio stilistico, nulla più: una messa in pratica della mia nuova filosofia di vita, una cena fatta come mi piacerebbe regalare ad una donna e, aggiungo, per il puro piacere di farlo.  Anche perchè, col pragmatismo che mi contraddistingue, sapevo benissimo che non sarebbe potuto succedere niente: lei è bella, bella davvero, e so benissimo che certe donne sono completamente al di fuori della mia portata. Nessuna intenzione, nè ludica, nè sentimentale, neque bellicosa: una serata, una piacevole conversazione, la scoperta di una persona nuova. Non volevo altro.

Nel mettere alla prova la teoria della coppa vuota e vedere se riesco a reggerla regalando una serata per il puro piacere di farlo, arriva un’altra prova: la febbre intestinale. Ebbene si: ne trovate una controprova involontaria nel mio primissimo post, in cui racconto che la salute fa le bizze. Decido di imporre, come si suol dire, “lo spirito sulla materia” e parto. Parto lo stesso, con trentanove e mezzo di febbre e la dissenteria. Certe follie capitano solo a chi vuole ritrovare un rapporto col proprio corpo (e stabilire chi comanda, tra corpo e volontà), certe follie capitano solo a chi ha un desiderio e vuole raggiungerlo, e favvanculo febbre, favvanculo diarrea, c’è un momento e voglio viverlo prima che scivoli via. Certe follie le faccio solo io.

Ora, i più arguti tra di voi potrebbero chiedermi cosa cacchio mi aspettassi da un rapporto che tutto sommato nasce sotto il segno della merda. Quelli più arguti tra i più arguti risponderanno agli arguti semplici che non sono un ragazzo intelligente, e non è l’omen di una scarica di diarrea a mandarmi dei segnali che io possa comprendere.

La serata scorre piacevole, tra la conversazione veramente adorabile, io piuttosto contento nel godermi gli sguardi degli avventori che si chiedono come cacchio ha fatto quello a recuperarne una così, in una atmosfera a lume di candela su un localino arroccato sul fianco di una collina, davanti ad una cascata che ci tiene compagnia. Parliamo, di tutto, di me, di lei, delle rispettive storie e di come sono finite, di suo figlio, e di un curioso suo amore che a quanto pare le ha detto “no, non posso” il giorno di San Valentino per fare un weekend con la moglie di cui lei non sapeva neanche l’esistenza.

Come dite? avrei dovuto cogliere ALMENO questo segnale? oh, si, l’ho colto al volo. Ma ricodate che io sono partito completamente vuoto, vuoto da ogni proposito? avrebbe potuto raccontarmi anche di rapporti a cinque, mi sarebbe importato relativamente. Anzi. E’ innamorata di un altro che non la vuole e torna dalla moglie? mi spiace per lei, pax. La serata, per me, restava immutata: una serata che si sarebbe chiusa lì.

La riporto a casa (ovviamente l’ero andata a prendere), saluti, dopodichè VOLO per i sessanta chilometri che mi separano da casa mia dove arrivo in bagno giustappunto in tempo, con il corpo che si dispone a farmela pagare per tutta la settimana successiva, e la tranquillità di sapere che non l’avrei sentita mai più, se non per qualche chiacchiera o qualche confidenza.

 

Avrei scoperto qualche giorno più tardi che mi stavo sbagliando.

(segue. Ooooh, e come se segue)

Logica femminile (o femminista?)

Qualcuno o meglio ancora qualcuna – visto che si tratta di donne e la materia per me è ostica – mi spiega graziosamente come fanno le seguenti due frasi

“Noi donne siamo più mature di voi uomini, e maturiamo prima”

“Ho trentotto anni, abito e ho sempre abitato con mia madre”

a coesistere placidamente nella stessa persona e nella stessa conversazione? Perchè a me sembrano litigare l’un con l’altra, ecco, ma forse sono soltanto un maschietto e certe logiche mi sfuggono.

Ah, prima che lo chiediate. La ragazza (si, ragazza direi) lavora stabilmente in banca. Quindi non provate a rispondere “magari poverina è precaria”.  Lavora e ha uno stipendio migliore del mio.