Aristos

Tanto lo so, che voi venite qui per le pazze. Non per i miei commenti da single perenne in depressione perdì (ho fatto la battuta: pregasi sghignazzare, grazie) , per cui tiro fuori una pazza dal cilindro per festeggiare questa domenica uggiosa tendente all’uggiosetto.

La conobbi online. Fiera latrice di messaggi tendenti all’autocelebrativo, quasi all’autoesaltazione (“ho i miei valori e potrei morire per loro”), nonostante provassi fin da subito a farle graziosamente notare che morendo per i propri valori non li aiutava per niente, anzi, casomai aiutava quelli altrui, finimmo a discutere dei valori stessi. Morale, era politicamente attiva. Ma che dico attiva, fanatica. Io di norma parlo di politica malvolentieri, ma quella mi sembrava proprio un esemplare di quelli che il mai troppo lodato idiotaignorante chiama aristoi, il cui singolare, se il mio greco non m’inganna (e probabilmente m’inganna) è aristos.

Ci ritroviamo ad uscire una sera. “Serata poco impegnativa”, chiede lei. Bene, “Birreria artigianale equosolidale già cenati, allora. Tal posto tal ora, ok?” rispondo io. L’avessi mai detto. “Non sono mica una sbarbina! Se mi vuoi portar fuori mi devi portare in un posto decente” risponde lei tutta piccata. Già lì inizia, oltre alla considerevole palla di cercare un ristorante (perchè le pizzerie no, non vanno bene per l’elìte intellettuale del paese), un altrettanto considerevole giramento di palline.

La vedo. Un discreto esemplare di pozzi-ginori, “diversamente alta”, “diversamente magra” e già che ci siamo “diversamente femminile”. Passiamo tutto il percorso dal ritrovo al ristorante con lei che mi chiede come mai tutti gli uomini che conosce le chiedano di scopare subito. Io penso a quei poveri cani lupo che devono riportare a casa i padroni dopo il rimbalzone umiliante che lei mi racconta sempre di elargire. Ma fermamente devoto al mio credo di “non ti fermare all’aspetto esteriore delle cose”, mi dirigo a passo allegro verso il ristorante. Del resto, anche io sono causa di movimenti emetici ai suini ogni volta che mi vedono; ho poco da cercarmi la Rodriguez, io.

La cena è da delirio. Delirio completo. Rifiutandomi completamente di parlar di politica (cosa di cui non ho neanche avuto l’occasione: parlava soltanto lei), mi sono beccato tutta una serie di proclami deliranti di come una come lei (“c’ho una laurea e un master, sai?”) fosse la crema della crema e che solo quelle come lei e i suoi amici parimenti acculturati fossero adatti alla guida del paese: “Li supero per cultura, valori morali ed educazione”. Neanche chiederle che lavoro facesse, e sentirsi dire “segretaria, a progetto, part time” è servito a sgonfiarla un pochettino. Neanche provare a farle capire, graziosamente, che non è con la coercizione e con l’altezzosità che si guida, ma con l’umiltà e l’esempio, dal basso, è servito a qualcosa.

Vabbè, “l’è meglio piglialla a ridè”, diceva un mio caro amico. Quindi ci alziamo, paghiAMO il conto (cosa che io al primo appuntamento non faccio mai, ma sei l’elite culturale e decisionale del paese? paga il conto, ragazza) e mi preparo a due chiacchiere e quattro risate.

Usciamo dal ristorante, e la mia mascella tocca il suolo. Per due motivi: il primo che si mette immediatamente a fumare (piombandomi così nell’armata delle “femminilità zero”, con menzione speciale per “mi faccio la sigaretta da sola”, premio Truck Driver of the Year). Il secondo è che, non so per quale reazione alimentare, la sua camminata è lenta. Non lenta: letargica. Mio zio ha ottantotto anni, una vite in una tibia, due piedi gonfi come due pandori e vi garantisco che se fosse uscito con lei si sarebbe messo a sbuffare d’impazienza.

Passata la digestione, riesce a camminare con un passo più confacente alle sue pur corte zampette, e ci mettiamo a chiacchiera. Io vado fiero del mio amore per la lettura: nella mia nuova casa ho dovuto comprare quattro librerie billy dell’ikea, con relativo elemento supplementare, per un totale di circa due metri di biblioteca. Tutti pieni di roba mia. Adoro leggere, e adoro discutere delle mie letture. L’avessi mai fatto.

“Ma come, tu non leggi i carmilliani, ma come, ma come”
“no, guarda, io leggo tutto ma quella gente mi si erge un po’ sugli zebedei, come si suol dire”

“vabbè, allora conoscerai senz’altro <nome_autore_prontamente_dimenticato>”
“Ehm, no, veramente no…”
“Ma come, è una utore congolese d’avanguardia famosissimo, bravissimo, nuovissimo, pensa, una volta gli ho scritto una mail e mi ha pure risposto, mica come Umberto Eco che non mi risponde mai…”
“Mai sentito”
“Ma con le letture da ignorante che hai, mi sa che tu voti Berlusconi”


“Dove hai la macchina?”
“Sui lungarni, perchè?”
“Io devo girare di qua, allora. Buona serata”

Aristos? Elite intellettuale del paese? parte sana della nazione? Ma vaffanculo, và. Te, e gli autori avanguardisti congolesi.