Dall’altro lato della barricata

…ebbene si, alle volte stare dall’altro lato della barricata tocca anche a me. L’altro lato, quello dei cosiddetti “forti” che talvolta forti non sono, quelli che si trovano a comunicare che una storia è finita ad una persona che in quel momento non se lo vorrebbe sentir dire.

Di lei non vi avevo ancora parlato. Quarantuno anni (si, circa otto più di me), conosciuta in autunno. Di quelle persone che, come direbbe Manta, “apprezzi in modo irrazionale”. Mi colpì un particolare, il suo viso che cambiava dal giorno alla notte quando rideva, la sua apparente ritrosia, le sue poche parole, e iniziai a corteggiarla. Delicatamente, perchè non ho altri metodi.

“Capitolò” una notte di Dicembre, dopo una melina che doveva darmi da pensare (presente quando dici “lasciami il tuo numero che ci prendiamo una cioccolata insieme” e ti rispondono “no”, dopodichè ti cercano il giorno dopo? ecco, una strategia del genere) e ci siamo frequentati per tutto gennaio e un pezzo di febbraio. Una frequentazione in calando: un fuoco di paglia all’inizio, e un mio graduale raffreddamento mano mano che andavo avanti. Perchè?

Perchè la gentile, vuoi per paura, vuoi per imporre una distanza, vuoi per carattere è partita… “lenta”. Nelle prime fasi, quelle in cui ci si scopre vicini, mi sorbivo frasi meravigliose, del tipo “Ah, parliamoci chiaro: io scopo con chi mi pare, e tu pure” (mi ero appena svegliato nel suo letto: buongiorno, singleatrentanni!), oppure di fronte ai suoi amici “vi presento singleatrentanni, è un amico!” (ma ero nel tuo letto fino a mezz’ora fa? amico?!?), financo un “ma se la tua collega è carina, perchè non te la porti a letto?” (oh, se vuoi le corna, dimmelo: sono gratis). Il mio atteggiamento? coerente con il mio modus vivendi: prendo quel che arriva, e vivo in scioltezza.

Fatto sta che quando avevo la forza per costruire non ho costruito niente, e quando la vita mi ha portato lontano per altri percorsi, mi sono scoperto a guardarmi indietro e a vedere che lei, semplicemente, non c’era più. Oltretutto l'”idillio” iniziale, se tale si può chiamare, è stato stemperato da due cervelli che molto semplicemente non si sono trovati. All’inizio ci puoi sorridere, ma dopo un po’ rispiegare le battute due volte perchè ti dice “non capisco” oppure trovarsi a riformulare le frasi perchè “parlo complicato” inizia a stancare.

Vedi, Manta, quando ti dico “l’irrazionale è una bella partenza, ma il cervello deve seguire a ruota”, cosa intendo?

La storia quindi è morta di morte naturale, io preso dai miei impegni, lei che più di un “se hai bisogno ci sono, voglio starti vicina” non sapeva andare, e ci siamo separati così, in modo placido e graduale. Fatto sta però che lei era ancora lì ad aspettare, e la vita in fasi molto recenti mi ha fatto la gentilezza di ricordarmi che se una storia finisce, è un gesto carino e rispettoso spiegare il perchè, proprio perchè – come ebbi già a ridire – “i vaffanculo tirati con la fionda mi danno uggia”. E quindi raccatta il coraggio a due mani, alza la cornetta e chiama. Appuntamento per un mercoledì sera di tempo primaverile. Glielo devo: lei è buona, gentile e soprattutto non mi ha mai fatto niente di male.

Già si inizia male: mi ero vestito, se non elegante, perlomeno curato (lo ritenevo, e lo ritengo tutt’ora, un atto di carineria e rispetto) e le prime cose che mi sono sentito dire tolta la giacca è stato “oè, ma come ti sei vestito, ma che devi andare, a un matrimonio?”. Abbozzo e passo oltre.

Spiegare ad una donna che non provi più niente per lei è uno strazio. Spiegarlo alla stessa donna e dover riformulare le frasi due volte perchè stai usando termini “difficili” o proposizioni arzigogolate è un vero e proprio tormento. Per me, prima ancora che per lei, che almeno mi ha fatto la gentilezza (e le deve essere costata cara, poverina) di ricacciare le lacrime indietro (solo in un paio di momenti ha ceduto) e mantenere una postura dignitosa quando le spiegavo quello che ho scritto a voi poco sopra. Che era finita, ed è finita perchè non ci siamo trovati, perchè andavamo con due ritmi differenti. Perchè forse il giochino dell”in amor vince chi fugge” non funziona, o perlomeno, non funziona con me. Se una persona mi allontana, mi ha allontanato.

Passo quasi indenne – con gli occhi solo un po’ umidi – a spiegarle il lato sentimentale della cosa, come e perchè è nato, e come e perchè è finito. Passo indenne anche attraverso il lato fisico, del come non può continuare nemmeno quello, perchè sarebbe una illusione per lei e un mero esercizio di stile. Sbuffo solo impercettibilmente a rispiegare quell”esercizio di stile” (“no, non ho capito”), cioè, voglio dire, sarebbe soltanto una cosa fisica, mi spiego? (“no, che intendi dire?”), insomma, a letto con te non ci vengo più perchè non mi va (“aaah, e potevi dirlo subito, no?”). Va tutto bene, respingo anche le classiche “frecciate da fine storia” (“ecco, tu venivi da me perchè stavi male a casa tua”, si, certo, ti ho corteggiata un mese e mezzo, continua pure a pensare ‘ste bojate), resisto a tutto e chiudo con un sospiro di sollievo.

 

Fino a che, all’una di notte, riaccompagnandola alla macchina, non se ne esce con un

“Ma allora tutto questo vuol dire che non mi vuoi vedere più?”

Ma benedetta ragazza, è TRE ORE CHE PROVO A SPIEGARTELO!

 

Diciamo che se mi fossero rimasti dei dubbi, ecco, me li avrebbe tolti. E mi dispiace, perchè è una donna sinceramente buona, ma proprio no. Mi addormenterei.