Fenomenologia del Perdono

Faccio seguito all’accorato appello di Them nell’ultimo post, quello sul libr… cos… insomma, su quella cosa di carta scritta da Chiara Gamberale.

Insomma, povero micio, non è colpa sua. L’hanno fregato. Si è legato con una pornoromantica e isterica a sua insaputa. Nelle scatolette c’era l’insaporitore all’escherichia coli. Non è colpa sua: è successo a sua insaputa.

E’ vero, finché sei un animale bello, adorabile, che basta strusciarsi un pochettino per sciogliere il cuore di chiunque. Vale a dire, è vero solo per le donne e per i gatti. Meglio se cuccioli.

Invece il pensiero che mi frulla per la testa in questi giorni è che quando sei un “bimbo grande” il perdono è una cosa estremamente complessa. Perchè più invecchiamo, più si fa largo il cinismo, più cresce l’orgoglio, il senso della propria dignità, più il perdono diventa un dono immenso che elargire si fa sempre più difficile.

Diventa difficile specie se (“tu sei un cinico del cazzo”, direbbe la pur carissima Mabh: anche io ti voglio bene, sai?) si è incapaci di dimenticare. La memoria dei tagli che ci vengono inferti è una capacità che si affina con l’età. Assieme alle rughe, probabilmente.

Spesso, come dice Ipazia, bisogna semplicemente farci una ragione che talvolta l’happy end non esiste. Talvolta veniamo chiamati a rispondere dei nostri errori, dei nostri orrori, senza possibilità di appello.

Perché siamo cresciuti.

Perché le cose sono troppo grandi per poter semplicemente far manovra e ripartire.

Perché non siamo gatti.

O perché semplicemente, quando si diventa bimbi grandi, un taglio alla fiducia è un taglio che è difficile da remarginare.

E voi, cosa ne pensate? quali sono i vostri pensieri sull’ottenere e cercare il perdono?

20 thoughts on “Fenomenologia del Perdono

  1. Sicuramente più passa il tempo più diventa difficile perdonare gli altri, ma soprattutto diventa più difficile perdonare se stessi. Perché mentre chi ci ha fatto un torto affondava il coltello, noi incapaci di reagire ci siamo fatti infilzare senza pietà. E rendersi conto di essersi fatti fregare per l’ennesima volta, di aver riposto la propria fiducia nella persona sbagliata, forse fa male più della ferita che ci è stata inferta. E secondo me è proprio questo che con l’età rende più difficile il perdono, la consapevolezza che con un po’ di attenzione e di cinismo in più forse quella ferita si poteva evitare.

  2. Il perdono dipende dalla propria memoria. Se se ne ha poca, è più facile.

    Poi, dipende da cosa si deve lasciarsi alle spalle, e da cosa ciascuno di noi considera perdonabile. Se non lo è, lasciate stare e non provateci. Se lo è, provateci e vedete dopo qualche tempo come vi sentite: se non siete in pace, vedi punto precedente.

    Questo, a meno che non siate una di quelle pazze per le quali un messaggio non risposto o risposto in ritardo ha la stessa gravità di un tradimento e devono applicare la regola del perdono. In questo caso: lasciate stare, ma non per voi, per gli altri.

  3. Francamente il concetto di “perdono” mi è alieno.
    Vuol dire che qualcuno ti fa del male, tu patisci, ma lo perdoni e resti lì a farti fare del male di nuovo. Molto cattolico.

    Penso, viceversa, che la comprensione, la sopportazione e la rassegnazione siano doti che si possono coltivare e far crescere col tempo.
    Da adolescenti siamo drastici per natura, non vogliamo comprendere, non riusciamo a sopportare, non ci sappiamo rassegnare.
    Da adulti queste qualità si possono apprendere e sviluppare. Se non lo si fa è perché non se ne ha interesse e si vuol restare adolescenti del cazzo duri e puri fin nel letto di morte.

    Ognuno è libero di scegliere la sua via, ma senza compromessi si vive da soli.
    (a volte anche coi compromessi si vive da soli: è condizione necessaria ma non sufficiente)

    E tutto ciò, ovviamente, senza sapere un cazzo di preciso di quel che ti è successo ed ha stimolato questo post. Forse sto parlando di te, forse sto parlando di lei, forse sto solo parlando a vanvera.

    (e, no, con comprensione, sopportazione e rassegnazione non sto parlando di comportarsi da zerbini, ma di cercare di capire l’altro, di essere accondiscendenti con certi suoi difetti che dopotutto non sono la fine del mondo e di farsi una ragione se certi peccati veniali non potranno essere risolti perché siamo fatti così: imperfetti e fallaci)

  4. Dipende da cosa si intende per “perdono”. Io non sono capace di perdonare, semplicemente dimentico. Dimentico in modo selettivo, però. Non dimentico chi mi fa ( o mi ha fatto) del male intenzionalmente, o per avere un vantaggio. Non dimentico che fa del male non intenzionalmente, comportandosi come un bambino o un adolescente a trent’anni. Se sei un adulto hai delle responsabilità e ci devi fare i conti. Gli errori, nel momento in cui li identifico come tali, li perdono invece. Credo che entro certi limiti potrei dimenticare (perdonare?) anche un tradimento fisico, rimanendo ovviamente nell’ambito dello “stare insieme”.
    Però non porto rancori, ecco. Se una persona mi ha fatto del male e io decido di non dimenticare, semplicemente la taglio fuori dalla mia vita, per sempre. Ma non gliene voglio, non sto lì a pensare, rimuginare.
    NON SOPPORTO chi fa cazzate e poi magari, pretende un perdono, solo per andare in giro sereno. Quello non lo sopporto.

  5. @dlalla: secondo me, al di là del fatto che fondamentalmente di dai del bischero per esserti messo in condizione di farti fare del male, il problema resta anche nella percezione del futuro. Io sono sempre convinto che chi fa, prima o poi, rifaccia. Sbaglio?

    @verzasoft: interessante punto di vista. Spostare il focus del problema dal concetto di perdono al concetto di offesa è… interessante. Però è pericoloso, perchè ciascuno di noi poi tende per propria natura ad autogiustificarsi…

    @lys: da adolescenti siamo drastici, è vero. Da grandi se non vuoi vivere perennemente da solo devi accettare dei compromessi. Il problema è che quando diventi grande si riduce – drasticamente – il numero di cose su cui resti in grado di accettare compromessi, forse. E’ quello che volevo puntualizzare nel post.

    @bionda: chiunque ti abbia preso ha fatto un affare :) sante parole le tue.

  6. non so convivere col rancore, ma non so dimenticare. Ossia: tollero molto più di quel che dovrei, dico che “tanto passerà”, poi arrivo al naturale tracollo degli eventi, pat pat sulla spalla di chi mi ha ferito, “ehi, tranquillo, succede”, non rinfaccio ma non mollo un singolo centimetro mnemonico dell’accaduto. Da quel momento, stile gatto, non mi lascio più avvicinare.

    Se invece è il contrario, beh, provo a farmi perdonare prima coi fatti e poi a parole.

  7. Premesso che i gatti sono più acuti e opportunisti di quel che si pensi, per cui non c’è pornoromantica da cui non traggano il massimo del beneficio col minimo dello scotto, direi che faccio parte di coloro che non perdonano. Ascolto, do consigli con tatto, do tempo, concedo qualche sbaglio, ma se mi si spezza dentro qualcosa, adios amigo. Sia con amicizie non solo maschili che nel caso di un ex fidanzatino – e quando mi scaricò avevo quasi 24 anni.
    Dignità e cinismo? Il mio pane quasi quotidiano non solo in tempo di lutto sentimentale.
    Ferite dell’anima come tagli? Uno dei miei amati tatuaggi rappresenta tre graffi che assomigliano a fessure.

    Saluti, Neofanta

  8. Quando ci si lascia non bisogna perdonare bisogna dimenticarlo/a e imparare dai propri errori… farsi attraversare dal dolore, capirlo e accerttarlo… sinceramente credo che se ci si è lasciati è per motivi spesso molto validi e perchè non si riesce più a percorrere una strada in due… si fa il doppio della fatica a portare avanti i propri sogni quando non sono condivisi, quindi meglio non guardarsi indietro e andare avanti senza rimpianti perchè meglio stare soli che pentirsi di un ripensamento.

  9. Io la penso come la Bionda… e non mi piace molto il perdono: mi farebbe sentire in posizione di predominanza e non mi piace, tipo “hai sbagliato, ma nella mia grande magnanimità lascio correre”. Naaa, non sono Dio.

    Per me ci sono due tipi di persone. La prima è chi ti fa male per sbaglio. Succede eh, tutti sbagliamo. Anche io ho fatto male a delle persone senza volerne. In questo caso mi aspetto semplicemente quello che faccio io quando sbaglio: chiedo scusa, riconosco i sentimenti altrui e cerco di non farlo più. Se una persona mi dice “scusa, non pensavo di averti fatto star male” è tutto ok, si va avanti.

    Poi c’è chi continua invece, chi non dice “mi dispiace” ma dice che te la prendi per niente, che cosa vuoi che sia, ma dai non fare la vittima. Queste persone le tratto come le prese della corrente: non lo fanno apposta, ma sono pericolose e vanno maneggiate in maniera appropriata e senza eccessiva confidenza. Io uso tutti i giorni le prese della corrente, ma sto attento.

    L’importante è non rovinarsi la vita da soli e rimuginare e pensare al male subito, per me, è solo un modo di farsi male da soli. Imparare a lasciarsi queste cose alle spalle è la cosa più importante per me

  10. Più che altro, mio caro signor Cellophane, una cosa di cui mi sono reso conto è che come un buon vino, certe cose hanno i suoi tempi.

    Il processo del perdono è fatto anche di pazienza, se vogliamo di amore. Ci vuole tempo per ottenerlo, tempo e fatica, perchè non sempre l’altro riesce a dirti “ok” subito. Se non sei disposto a metterceli non stai cercando il perdono, stai cercando un ritorno allo “status quo ante”. E’ una cosa che si fa per sè, non per l’altro.

    Cercare il perdono è un po’ come una resa senza condizioni. E’ un processo addirittura più doloroso del taglio per cui si chiede perdono.

    Sbaglio?

  11. Eccomi qui, dopo un po’ di offline…. Perdonare? Nooooo….. sto in avvitamento a causa (come sempre) della bella incompresa (e incomprensibile) di turno. Ma tutte io le becco? Come faccio a perdonare? Non vi sto a tediare con i miei problemi che credo non interessino a nessuno, ma pure il mio psicologo mi dice che sono davvero sfortunato…. e ho detto tutto.

  12. Lo psico con la crisi di nervi? Ancora mi manca…. battute a parte ce la stanno mettendo tutta per farmi incazzare. Il problema è proprio che ancora me la sto a prendere…

  13. Il giorno in cui smetterai di prendertela sarà il giorno della tua sconfitta, lo sai, vero?

  14. Io credo invece che col passare del tempo, superata la fase cinica, ci si riaccosti dolcemente alla disposizione verso il perdono. Sento gli anni avanzare, mi riecheggia il carpe diem oraziano, rimbabisco sempre più verso l’ingenuità, approcciandomi ai 44.
    E sono felice così.

  15. Non so te Olivia, ma a me dimenticare è biologicamente impossibile.

    A perdonare riesco, tipicamente facendomi del male io, e il 95% delle volte sono energie buttate che recuperi solo dopo un po’ di tempo.

  16. Il perdono è se vuoi una sorta di accettazione della fallibilità dell’altra persona. Per certi versi è più facile da gestire proprio perchè si fonda su qualcosa fatto a te da altri. Qualcosa che tu hai subito. Punto.
    Dimenticare implica affrontare il dolore che quel gesto ti ha prodotto, il peso che ha avuto su di te…è qualcosa di tuo, solo tuo. E quello è più difficile da gestire perchè implica l’ammettere molte cose, in primis il fatto che abbiamo riposto la nostra fiducia in chi l’ha tradita. Non si dimentica mai…al massimo sbiadisce.

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