Il Kamasutra per tutti

Ho due amici carissimi, una coppia che ormai dura da qualche annetto e che sono sempre stati presenti e delicati durante separazione e successiva singletudine.

Ora che la casa è completa, è stata una gioia poterli finalmente invitare (oddio, manca qualche mobile… ma per loro non mi faccio certo problemi) e sono finalmente venuti. Una cena cucinata, una bottiglia di vino “speciale” tenuta in serbo per questa occasione, e via andare.

Finita la cena, guardate due foto dei tempi in cui suonavamo tutti assieme, e l’attenzione viene attratta dalla mia libreria (ci credo: occupa il 20% della metratura della casa). La lei della coppia fruga, guarda… e all’improvviso “apostrofa” il suo lui:

“Vedi chi è un professionista? tu non ce le hai queste cose in libreria!”

Alzo lo sguardo e vedo la giovincella brandire con fare bellicoso la mia copia del kamasutra. Inizio a ghignare, e ghigna anche lui. Col fatto che c’è molta confidenza, la guarda con fare tranquillo e le dice “va bene, dai, aprilo a una pagina a caso e quello che c’è scritto lo facciamo”.
“Io mi siedo e vi guardo, se non vi disturbo”, intervengo.

Lei prende, apre una pagina a caso, e inizia a leggere…

“La donna deve essere servile nei confronti dell’uomo…”
[io e lui ci scambiamo uno sguardo d’intesa]
“…adorarlo e riverirlo in ogni momento della loro vita…”
[iniziamo a sorridere]
“…assecondare ogni sua inclinazione anche quando queste vanno contro la sua volontà e…”
[la risata supera il volume consentito]
“…obbedire ad ogni suo com…BASTA! Non mi piace questo kamasutra!!”

A lui, invece, piaceva tanto. Ne abbiamo riso per un bel po’.

La morale? le morali?

Mai credere a cosa vi raccontano di un libro senza averlo letto. Kamasutra come compendio di pornoposizioni? macchè. Il kamasutra tratta l’abbinamento tra uomo e donna, a trecentosessanta gradi, e lo tratta con una logica di un altro tempo e di un’altra civiltà. Solo che questo non lo sa nessuno, a meno che qualcuno non abbia letto il kamasutra davvero, invece di guardar le figure.

Mai chiedere. Se non altro perchè potrebbero accontentarti E soprattutto…

…lasciate stare il kamasutra agli altri!

Aristos

Tanto lo so, che voi venite qui per le pazze. Non per i miei commenti da single perenne in depressione perdì (ho fatto la battuta: pregasi sghignazzare, grazie) , per cui tiro fuori una pazza dal cilindro per festeggiare questa domenica uggiosa tendente all’uggiosetto.

La conobbi online. Fiera latrice di messaggi tendenti all’autocelebrativo, quasi all’autoesaltazione (“ho i miei valori e potrei morire per loro”), nonostante provassi fin da subito a farle graziosamente notare che morendo per i propri valori non li aiutava per niente, anzi, casomai aiutava quelli altrui, finimmo a discutere dei valori stessi. Morale, era politicamente attiva. Ma che dico attiva, fanatica. Io di norma parlo di politica malvolentieri, ma quella mi sembrava proprio un esemplare di quelli che il mai troppo lodato idiotaignorante chiama aristoi, il cui singolare, se il mio greco non m’inganna (e probabilmente m’inganna) è aristos.

Ci ritroviamo ad uscire una sera. “Serata poco impegnativa”, chiede lei. Bene, “Birreria artigianale equosolidale già cenati, allora. Tal posto tal ora, ok?” rispondo io. L’avessi mai detto. “Non sono mica una sbarbina! Se mi vuoi portar fuori mi devi portare in un posto decente” risponde lei tutta piccata. Già lì inizia, oltre alla considerevole palla di cercare un ristorante (perchè le pizzerie no, non vanno bene per l’elìte intellettuale del paese), un altrettanto considerevole giramento di palline.

La vedo. Un discreto esemplare di pozzi-ginori, “diversamente alta”, “diversamente magra” e già che ci siamo “diversamente femminile”. Passiamo tutto il percorso dal ritrovo al ristorante con lei che mi chiede come mai tutti gli uomini che conosce le chiedano di scopare subito. Io penso a quei poveri cani lupo che devono riportare a casa i padroni dopo il rimbalzone umiliante che lei mi racconta sempre di elargire. Ma fermamente devoto al mio credo di “non ti fermare all’aspetto esteriore delle cose”, mi dirigo a passo allegro verso il ristorante. Del resto, anche io sono causa di movimenti emetici ai suini ogni volta che mi vedono; ho poco da cercarmi la Rodriguez, io.

La cena è da delirio. Delirio completo. Rifiutandomi completamente di parlar di politica (cosa di cui non ho neanche avuto l’occasione: parlava soltanto lei), mi sono beccato tutta una serie di proclami deliranti di come una come lei (“c’ho una laurea e un master, sai?”) fosse la crema della crema e che solo quelle come lei e i suoi amici parimenti acculturati fossero adatti alla guida del paese: “Li supero per cultura, valori morali ed educazione”. Neanche chiederle che lavoro facesse, e sentirsi dire “segretaria, a progetto, part time” è servito a sgonfiarla un pochettino. Neanche provare a farle capire, graziosamente, che non è con la coercizione e con l’altezzosità che si guida, ma con l’umiltà e l’esempio, dal basso, è servito a qualcosa.

Vabbè, “l’è meglio piglialla a ridè”, diceva un mio caro amico. Quindi ci alziamo, paghiAMO il conto (cosa che io al primo appuntamento non faccio mai, ma sei l’elite culturale e decisionale del paese? paga il conto, ragazza) e mi preparo a due chiacchiere e quattro risate.

Usciamo dal ristorante, e la mia mascella tocca il suolo. Per due motivi: il primo che si mette immediatamente a fumare (piombandomi così nell’armata delle “femminilità zero”, con menzione speciale per “mi faccio la sigaretta da sola”, premio Truck Driver of the Year). Il secondo è che, non so per quale reazione alimentare, la sua camminata è lenta. Non lenta: letargica. Mio zio ha ottantotto anni, una vite in una tibia, due piedi gonfi come due pandori e vi garantisco che se fosse uscito con lei si sarebbe messo a sbuffare d’impazienza.

Passata la digestione, riesce a camminare con un passo più confacente alle sue pur corte zampette, e ci mettiamo a chiacchiera. Io vado fiero del mio amore per la lettura: nella mia nuova casa ho dovuto comprare quattro librerie billy dell’ikea, con relativo elemento supplementare, per un totale di circa due metri di biblioteca. Tutti pieni di roba mia. Adoro leggere, e adoro discutere delle mie letture. L’avessi mai fatto.

“Ma come, tu non leggi i carmilliani, ma come, ma come”
“no, guarda, io leggo tutto ma quella gente mi si erge un po’ sugli zebedei, come si suol dire”

“vabbè, allora conoscerai senz’altro <nome_autore_prontamente_dimenticato>”
“Ehm, no, veramente no…”
“Ma come, è una utore congolese d’avanguardia famosissimo, bravissimo, nuovissimo, pensa, una volta gli ho scritto una mail e mi ha pure risposto, mica come Umberto Eco che non mi risponde mai…”
“Mai sentito”
“Ma con le letture da ignorante che hai, mi sa che tu voti Berlusconi”


“Dove hai la macchina?”
“Sui lungarni, perchè?”
“Io devo girare di qua, allora. Buona serata”

Aristos? Elite intellettuale del paese? parte sana della nazione? Ma vaffanculo, và. Te, e gli autori avanguardisti congolesi.

Pornoromantica

pornoromàntica    [pornoro’mantika]

agg. e s.f.

  • 1 agg. di persona che si eccita di fronte a manifestazioni di romanticismo
  • 2 agg. di persona che soffre di dipendenza emotiva e sessuale da forme di romanticismo morboso
  • 3 s.f. [spregiativo] donna che per essere avvicinata e tenuta vicino in un rapporto di coppia abbisogna di dosi sempre crescenti di spunti morbosamente sentimentali e languidi

syn. rompicoglioni

contr. uomo

Il fascino delle nane

Faccio seguito a questo carinissimo post del mai troppo osannato Attila per condividere con voi una riflessione.

Ho un amico circa coetaneo che viene in palestra con me, alto, capelli mori, occhi blu, un fisico della Madonna… insomma, gnocco. Ma non gnocco poco: gnocco tanto. E single. Un giorno in cui lo trovo un po’ più comunicativo della media e ci mettiamo a parlar di singletudine, scherzando lo apostrofo “eeeh, tu, cosa ne vuoi saper di essere single, gnocco come sei schiocchi le dita e vai”.

E lui tranquillissimo: “si, schiocco le dita e vado. Però poi mi fermo, perchè appena sanno che ho un figlio, scappano.” e vi garantisco, mi ci ha fatto rimanere di sasso…  come tutte le volte che ti demoliscono una certezza. “Ma come, e io che ho sempre creduto che le donne avessero un forte istinto materno e di fronte a un bimbo piccolo come il tuo…” non ho fatto neanche in tempo a finire la frase: “si, sono materne. Tutte. Con i loro, però. Non con il tuo. E sanno che se ne hai già uno, è meno probabile che tu ne voglia un altro con loro, quindi si divertono, poi quando le cose si fanno serie fuggono”.

 

Io figli miei non ne ho, il suo discorso quadrava, e l’ho dato per buono. Tra l’altro me l’ha confermato anche una amica comune, che le donne con lo gnocco in questione si comportano esattamente così.

 

Leggo il post di Attila e la situazione sembra essere diversa: la di lui Piccolina è uno strumento da rimorchio non indifferente, e vi invito a leggere il suo post perchè è davvero carinissimo. Ripensando al suo post mi è venuto in mente un episodio, in cui ho avuto a disposizione per un po’ una nana di cinque anni al mare. Un po’ ci ho giocato, poi quando è venuto il momento di andare in acqua ce l’ho portata io.

Due condizioni a contorno: la nana è nana (cinque anni appena compiuti) e io tanto nano non sono, per cui l’ho sollevata di peso da terra, me la sono caricata sulla spalla sinistra (l’ho messa a sedere li’ sopra, c’è spazio) e me ne sono andato a giro sulla sabbia con lei sopra, direzione acqua.

Il primo miracolo: zittire una donna è difficile. Zittire una donna piccola è impossibile: parla in continuazione. Eppure questa bambina è stata in assoluto e religioso silenzio per tutti i metri (non pochissimi) che ci separavano dal mare, forse rapita dalla posizione nuova per lei e dal fatto di poter contemplare il mondo da una prospettiva centottantacinque centimetri più alta.

Il secondo miracolo: io, che un adone non sono (anzi, sono spesso utilizzato quale rimedio per la stipsi, per dirla in termini poetici) venivo guardato con sguardi tra il tenerone e il sognante da tutte le ragazze di ogni età che ho incontrato sul percorso. E ogni sorriso (si, lo so: sono una zoccola) veniva ricambiato.

 

Al che mi sono chiesto: ma come è possibile che ti guardano tutte con quegli sguardi umidi, e poi si ritraggono? non è che l’uomo effettivamente paterno è come la “moto intelligente”, che tutti dicono “uh, come è bella, la proverei volentieri” poi nessuno la compra?

E poi mi sono chiesto: ma le noleggiano le nane da qualche parte? che non è che mi dispiacerebbe fare l’uomo oggetto per un po’, eh…

Dei delitti e delle cene

Ritorno dalle ferie raccontandovi una piccola perlina di… qualche tempo fa. Non tanto, ma un po’.

 

Invito una donna a cena. Parlottandoci, conoscendola un po’, viene fuori che questa ragazza ha gusti alimentari quantomeno fenomenali: per dire, le piace la carne cruda o poco cotta. Non so le vostre esperienze in merito, ma in genere l’80% del genere femminile si guadagna il mio odio istantaneamente ordinando al ristorante una bistecca ben cotta. Parlottandoci un po’ imparo ancora sui suoi gusti, sul suo amore sconfinato per il cocco e la preferenza per i vini bianchi e aromatici (ma anche li’, trovatemi una donna che apprezza un gran rosso).

Orbene, viene a cena. Di venerdì sera. A casa mia. Problema: sono di presidio al lavoro fino alle sei, poi la palestra. Il che vuol dire alzarsi alle sei e mezza per cucinare. Avete capito bene: sei e mezza del mattino. Preparo il menu, che consta di due diversi tipi di carpacci (uno coi funghi e uno con la cipolla di tropea), la tartare con i funghetti freschi e i pomodorini (ma passati, che a lei i filetti di pomodoro non piacciono), il tutto senz’aglio perchè è allergica e con poca senape perchè è un sapore troppo forte. Più qualche piccolezza a guarnire, tipo crostini con il patè di fegato alla toscana e qualche rifinitura.  Si, a me le donne piace coccolarle. Non sono nè bello nè intelligente, ma in cucina non me la cavo male.

Arriva, si siede, apro il vino (un GRAN vino che tenevo in serbo da un po’… Solatio delle cantine Gualandi, non precisamente un vinaccio), mangia il carpaccio con i funghi (“uuuh buono”) mangia il carpaccio con le cipolle (“buone queste cipolle”, ci credo, erano macerate in aceto balsamico invecchiato mille anni) riesco a farle mandar giù la tartare (“non la conoscevo! Buona!”), mi divora il vino e…

“Certo che se il cibo potesse darmi un orgasmo, ne starei avendo uno in questo istante!”.

E dopo tutto, la preparazione, le sei e mezza del mattino, il vino… mi dice questa frase mentre si sta mangiando un fottutissimo gelato Bounty confezionato.

 

Ora, ditemi voi: ma io che ho fatto di male al Cosmo?

Proud to be single!

Ve la ricordate – lo so, è passato un bel po’ di tempo – quella della stanza delle punizioni?

Ecco, di quella ragazza non se ne è fatto più niente. Vuoi perchè avevo altro per la testa, vuoi perchè oggettivamente mi sparì letteralmente di davanti. Seppi poco tempo dopo – grazie Facebook! – che aveva trovato uno. Ossia, fa la gatta con me e nel frattempo con un altro… una metodologia che si chiama “pesca a strascico”, e va bene giustappunto per togliersi la fame, non certo per cercare il piatto della propria vita. Bon, crocione fatto, buttata a mare (oggi mi vengono le similitudini a tema, abbiate pazienza: voglio le ferie) e via.

Per un bel po’ mi ammorbano il già bistrattato facebook con continui post di link mielosi, “amore” di qui, “amore” di là, lui che pigola come un pulcino, lei che miagola come un gattino, la glicemia che mi sale a 750 e l’istinto da vecchio volpone che mi rimbomba nella testa a dire “uh, qui qualcosa ci cova“.

 

Profeta non sarò dopo tre mesi di silenzio arriva un suo SMS: “ciao, come va? mi ha lasciata ieri, sto malissimo, distrutta, piango”. Uuuuuuuuh. Piccina, mi dispiace, soffre. Messaggio conciliante, classica sequela di luoghi comuni del tipo “mi dispiace, passerà presto, del resto se ti dura quanto un gattino sull’Aurelia vedrai che non era quello giusto” perchè due righe pietose non si negano a nessuno. Specie alle persone che soffrono.

La risposta è da manuale: “eh si, ha conosciuto un’altra mentre era a fare un prelievo in ospedale. Ora possiamo fare quell’uscita da tanto tempo rimandata, vero?”

 

Eh no, ragazza. Eh no. Tieni il piede in due scarpe, e va bene. ‘zzi tuoi. Sei una bambina che basta chiamarti “amore” per farti miagolare, ‘zzi tuoi. Ma io il ripiego non lo faccio. E ti dirò di più: non vale neanche la pena uscire con te, chiamarti “amore” e darti un colpetto, perchè molto probabilmente mi annoierei. Anche e soprattutto durante il colpetto.

 

Morale? mandato messaggio di quello feroce (“grazie dell’invito, ma non sono il ripiego di nessuno. Buona caccia, i ragazzi seri sono altri”) e mandata velocemente a spigare.

Single si, ma la supplicatio topae, quella proprio no. Piuttosto mi guardo un film.

Chiudo in bellezza lanciando un nuovo slogan:

Una Pazza è per Sempre

che ci sta tanto, ma tanto bene. Ritornano, le pazze ritornano, un po’ come i rapini all’aglio. Aiuto.

La Dolcezza Fraintesa

Scenario: una conversazione su facebook con una personcina che ha già più volte calcato la pagina di questo blog. Sono le undici di un pigro giorno feriale, e chiacchiero con lei del più e del meno (no, telefonarsi è spiacevole, specie quando sei talmente inadeguato che farsi sentire che parla con te la mette in difficoltà, ma su questo tralasciamo la trattazione, và).

Casus belli: un problema con il di lei figlio (e soprattutto, il di lei ex marito) che non le portava il bimbo all’ora stabilita e lei si preoccupa. Ovviamente cuor di mamma inizia a preoccuparsi sul serio, al punto che inizia a dire “Vabbè, mi rivesto ed esco a cercarlo”.

Ed io, che magari dolce non sono, ma a lei volevo sinceramente bene e soprattutto detesto risparmiarmi nelle relazioni, esco con una frase più spontanea di quanto credessi: “Ma hai bisogno? vuoi che venga da te e ti aiuti?”. Nota bene: sono oltre sessanta chilometri ad andare, e altrettanti a tornare, in un giorno feriale, di notte fonda, unicamente per starle vicino. Insomma, non per autoincensarmi, ma riguardandolo a distanza di tempo mi sembra tutt’ora un gesto carino. La sua risposta arriva dopo un po’:

“Grazie, ma come sei dolce, ma sei di zucchero filato? Comunque ho risolto, alla fine ho telefonato e l’hanno rintracciato e posso andare a letto tranquilla”.

A me uscite del genere sciolgono, e mi restano in mente. Appuntato lo zucchero filato? si? Fast forward di un po’ di tempo… qualche giorno, forse una settimana o due. Passeggiata – ormai non ricordo più nemmeno dove eravamo – e camminando vedo… un banchetto che vende zucchero filato. Sorrido, sorrido a lei, e mi viene in mente un piccolo gesto, di quelli che magari visti da fuori sono niente, ma per me sono molto importanti.

“Guarda, c’è lo zucchero filato, lo vuoi? lo prendiamo assieme?”

“No, grazie, a me lo zucchero filato non piace.

 

Come si fa a non adorare le donne, creature capaci di sottigliezze così sopraffine? :) e soprattutto, uno poi capisce come mai le persone spariscono senza preavviso nè motivo, no? se lo zucchero filato non piace, non piace…